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Era il 18 maggio del 1994. Pochi giorni dopo avrei compiuto 13 anni. Ad Atene si giocava la finale di Champions League. Indifferenti ai mesti predetti, i rossoneri, preannunciati sconfitti, capovolgono la profezia mettendo a tacere, con un’inesorabile goleada, cassandre e avversari blu-granata, troppo sicuri di giocare la parte dell’invincibile armada.

Al secondo minuto della ripresa, con il Barcellona già sotto di due reti, Dejan Savićević, per brevità e inclinazione detto “genio”, dopo aver vinto un contrasto con Nadal, lascia rimbalzare il pallone due volte e dal limite dell’area di rigore, con un pallonetto di sinistro a superare (e ridicolizzare) il portiere, segna il 3-0.

Ero stato spettatore di un’intuizione che anche la cronaca calcistica più avanguardista non riusciva a raccontare. Come poter dire dello stordimento provato? Semplice, non dicendolo.

Perché «lo sport ai suoi grandi livelli – come dichiarò Carmelo Bene - è labilità, ma senza apostrofo. Immaterialità! Eccedenza pura! Il calcio somiglia alla musica: la musica può forse essere spiegata con la musica? No, così il calcio: non ha nemmeno bisogno della Lingua per farsi intendere. Il calcio buca ogni linguaggio. Il gazzettismo sportivo? Orrore! […] Certo linguaggio è cosa funesta! È come la critica teatrale, pisciatina tiepida. È moviolismo! È il tirar a campare a spese delle altrui gambe!».

Bene, sublime pallonaro, che raccontava della seleção come di uno spettacolo di samba («Rubano il tempo i brasiliani… Giocano sempre musicalmente in levare, mai in battere; la loro palla viaggia velocissima eppure la squadra sembra lenta… come la samba. Non è mica vertiginoso il samba, invece lo è, vertiginoso, perché è energia pura, il samba. Ma è lento») fece una considerazione generale sul calcio che racchiude il senso dell’eccezionalità di quella giocata di Savićević: «Dello sport in generale, soprattutto del calcio, a me interessa quanto ECCEDE lo sport medesimo. Cioè non la routine, o il gioco duro […]. Mi interessano gli ATTI, i GESTI straordinari e non quelli, insomma, da tifoseria. Non m’interessa il goal fine a sé stesso e tantomeno il risultato. […] Il calcio più interessante è quello in grado di offrire più spunti di grande spettacolo, addirittura, di ECCEDERE lo spettacolo».

 

2. Il gioco del calcio e quello del cinema. Un rapporto tutt'altro che facile. Ma noi, in onore dei Mondiali (di due giochi che ci appassionano), ci proviamo. Ecco il nostro omaggio: immagini, personaggi, idee. La prima puntata era dedicata a Nanni Moretti e "Caro Diario"