David Fincher

Un apologo politico

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Si sa, i cinefili hanno poi quel problema lì: quando il cinema indica la luna, loro guardano il dito, cercando di capire in quale film lo hanno già visto. Forse per questo nessuno si è accorto che Gone Girl è il film più politico uscito da Hollywood negli ultimi anni: un apologo di esemplare lucidità sulla necessità di ribaltare i ruoli tra carnefice e vittima, di legittimare forme di sopraffazione facendole passare per azioni di legittima difesa.

In Amazing Amy - il soprannome della protagonista, derivato dai libri per l'infanzia scritti dai suoi genitori – l'“Amy” suona nella circostanza come un diminutivo/vezzeggiativo grottesco di America. E infatti nei comportamenti del personaggio - a partire dalla sua diabolica capacità di manipolare i media a proprio vantaggio, asservendoli alle proprie opinioni – ritroviamo una versione in sedicesimo delle strategie politico-militari degli Stati Uniti negli ultimi due decenni: aggredire e uccidere coprendosi le spalle mediante un accurato e calibrato processo di formazione della propria immagine come vittima indifesa di nemici grandi, grossi e cattivi, ai quali si è infine dovuto, quasi proprio malgrado, opporre resistenza. Amy dissemina il racconto di smoking guns, pistole fumanti, perché conosce a menadito e cavalca con disinvoltura la retorica dei media, pronti a riversare tonnellate di solidarietà su coloro che sanno – complici gli oggetti “giusti” ritrovati nei luoghi “giusti” -  calarsi nei panni della vittima (quasi) indifesa e giocare fino in fondo la propria partita.

L'amico Bocchi giustamente cita Billy Wilder, riferimento inevitabile quando un film elegge il tema della maschera e dell'apparenza ad asse portante del racconto. Ma l'argomento - nell'epoca della centralità dei media nelle traiettorie del potere e nei diagrammi della guerra– ha un significato inevitabilmente politico. Senza proclami e con l'efficacia di due killer silenziosi, Fincher e la soggettista/scneggiatrice Gillian Flynn spiegano come e perché oggi la politica sia essenzialmente una questione di aggressività spacciata per legittima difesa e di criminalizzazione preventiva delle proprie vittime.

Rischiano tuttavia di predicare nel deserto, poiché i modi dell'apologo brechtiano non godono oggi di grande attenzione. Sul versante della ricezione, l'antica e nobile arte dell'allusione ha vissuto tempi migliori, e verrebbe da chiedersi perché tanta riluttanza a vedere nelle immagini di un film anche una “forma simbolica”, per dirla con Panofsky.

Il discorso sarebbe lungo, ma credo alla faccenda non sia estranea la recente affermazione del documentario sociale, un genere che tende ad uccidere l'intelligenza degli spettatori nello stesso momento in cui ne appaga la curiosità. Abituati a treni per Mosca che vanno effettivamente a Mosca e a gente che sta con la sposa che poi sullo schermo sta effettivamente con la sposa, stiamo lentamente e drammaticamente smarrendo la capacità di guardare oltre l'immediatezza delle immagini.

L'amore bugiardo - Gone Girl
Stati Uniti, 2014, 149'
Titolo originale:
Gone Girl
Regia:
David Fincher
Sceneggiatura:
Gillian Flynn
Fotografia:
Jeff Cronenweth
Montaggio:
Kirk Baxter
Musica:
Trent Reznor, Atticus Ross
Cast:
Casey Ruggieri, Cooper Thornton, Julia Prud'homme, Lauren Glazier, Antonio St. James, Brett Leigh, Kate Campbell, Darin Cooper, Mark Atteberry, Lynn Adrianna, Pete Housman, Kathleen Rose Perkins, Leonard Kelly-Young, Jamie McShane, Lee Norris, Sela Ward, Boyd Holbrook, Lola Kirke, Casey Wilson, Emily Ratajkowski, Missi Pyle, Lisa Banes, David Clennon, Patrick Fugit, Kim Dickens, Carrie Coon, Tyler Perry, Neil Patrick Harris, Rosamund Pike, Ben Affleck
Produzione:
New Regency Pictures, Pacific Standard
Distribuzione:
20th Century Fox Italia

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