Akira, 30 anni dopo

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Mercoledì 18 aprile Nexo Digital farà uscire nelle sale Akira, il capolavoro dell'animazione cyberpunk che Katsushiro Otomo diresse realizzò nel 1988 (a partire da un suo fumetto creato nel 1984) e di cui scadono i 30 anni dall'uscita in patira. In Italia, come abbiamo visto recuperando numeri della rivista dal nostro archivio, il film arrivò solamente due anni dopo, nel 1991, grazie al Fantafestival. Per il pubblico e la critica di allora si trattò di una vera e propria scoperta, come dimostrano anche le parole di Marco Martani e Federico Chicchiari che abbiamo ritrovato.

Gli articoli e i numeri in questione, il 306 e il 309, si possono acquistare su Cinebuy qui e qui.  

L'autore di AkiraKatsushiro Otomo, nato nel 1954 a Miyagi, in Giappone, e da sempre interessato all'illustrazione, ai comics e all'animazione. È riuscito con autorità a progettare un futuro straordinario senza averne i mezzi materiali, ma solo con l'immaginazione, un foglio e una matita.

Nel fumetto Otomo ha organizzato e sviluppato le sue architetture del futuro secondo criteri di verosimiglianza fusi con la fantasia surreale che lo contraddistingue. La precisione di un disegno geometricamente ineccepibile sorretto da evoluzioni, tagli e prospettive coraggiose donano al lettore un effetto di «immersione rapida» molto più potente di maestri affermati come Moebius o Bilal, perché meno d'autore, più cinematico e scioccante soprattutto a causa dell'ultraviolenza e dello splatter che fanno la parte del leone.

Akira è il suo capolavoro. 1800 pagine di disegni in cui Otomo è alla testa di una corposa equipe di disegnatori, ciascuno specializzato in un elemento ben preciso (il look delle armi, i paesaggi, i costumi, le apparecchiature hi tech ecc.) per una maniacale costruzione della Tokio del 2030. In particolare, in Akira si mescolano mitologie arcaiche e future, la paura viscerale dell'olocausto nucleare e un repertorio dell'immaginario e del sociale moderno giapponese, in un affresco mozzafiato. Tutta la serie è un Kolossal di esaltazione del movimento che quasi coglie impreparati i lettori occidentali, proiettandoli in un vortice di apparati tecnici e fenomeni extrasensoriali.

L'avventura Akira è nata nel 1984, proprio nello stesso periodo in cui, negli Stati Uniti, venivano elaborati i primi concetti prodotti dalla generazione di scrittori Cyberpunk. Otomo cosi crea un universo cyberpunk anticipando la «moda" americana, e fon- de il tutto in immagini splatter in cui non c'è respiro né limite al- la violenza sorretto da un ultra-ritmo ai limiti della percezione.

Il film Akira, diretto naturalmente da Otomo, è già uscito in America ed è stato un successo. Ci sono meno allusioni al consumo di stupefacenti e stimolanti rispetto al fumetto, ma le atrocità e le catastrofi sono fedelmente rispettate e riprodotte. Il look è iperrealista e vi è un uso straordinario di colori (circa 330, di cui molti creati appositamente a computer) e di una animazione tridimensionale che annulla totalmente i difetti dei cartoni animati giapponesi finora prodotti

Marco Martani

[…] Qui siamo di fronte a un film che davvero «segna una data importante nella storia del disegno animato, riprendendo il tratto liscio e i contorni circolari del disegno americano, ma con incursioni nella «filosofia orientale unita alla fantascienza alla William Blake» (come hanno scritto i Cahiers du cinéma).

Tra bande di motociclisti che si scontrano sullo sfondo di una città post-nucleare, tra macerie e grattacieli (l'ispirazione è sempre Blade Runner), polizia che attacca manifestazioni studentesche, tensioni sociali, traumi post-atomici, problemi giovanili-generazionali, utilizzando degli effetti straordinari per profondità di campo, con carrelli e zoom che rapidissimamente fanno dimenticare di assistere a un fumetto, Akira, con un'abilità inusuale in cui unisce “sguardi radicali” con la filosofia cyberpunk, riesce a dare una specie di visione sintetica e stilizzata della civiltà occidentale.

Federico Chiacchiari