Visti da vicino

"Secondo Me" di Pavel Cuzuioc

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Tre teatri dell'opera: la Wiener Staatsoper, la Scala di Milano e il Teatro Nazionale dell'Opera di Odessa, raccontati non attraverso sfarzo scenico e compagnie teatrali, ma con gli occhi di tre guardarobieri. Figure quasi invisibili, relegate alla stregua dell'arredamento, di cui ci si accorge forse solo in loro assenza, diventano per Pavel Cuzuioc indiscussi protagonisti di Secondo Me.

Proseguendo un percorso cominciato nel 2011 con Digging For Life, lungometraggio che ha come figure centrali i becchini, e che troverà compimento con un ultimo film della trilogia, incentrato sugli elettricisti impiegati nel campo della telefonia, il regista moldavo sceglie di dare ancora visibilità a una categoria poco considerata socialmente. Chi è realmente quell'uomo (o quella donna) che, dietro un bancone, ritira cappotti e ombrelli? Che vita fa, smessa la divisa e uscito da teatro? Che ideali ha? Che mondo è capace di creare la sua mente?

E Secondo Me smette presto d'essere un documentario sui guardarobieri e comincia a essere un film di sentimenti e di vita. Nadezhda Sokhatskaya è nonna "da manuale", abituatata a esprimere l'amore attraverso piccoli gesti quotidiani: vuol bene a se stessa, curando la propria eleganza; vuol bene ai nipoti, cucinando e preoccupandosi che non si ammalino dopo aver preso la pioggia. Ronald Zwanziger è un uomo anziano, con qualche rimpianto e tante storie di vita, ma anche - ancora - con tanti progetti, uno su tutti il tornare nel suo peso ideale. Flavio Fornasa è un "italiano medio" (nel senso positivo del termine), ironico, goliardico, profondamente legato alla sua famiglia; è un uomo che osserva, giudica, si pone interrogativi e, premettendo un "secondo me", ha sempre una risposta o una teoria, un'ideale o un insegnamento da dare ai propri figli.

Tre persone a tutto tondo, poliedriche, ingombranti, giuste o sbagliate, simpatiche o detestabili, ma pur sempre tre persone che vanno ben oltre un ruolo e un mestiere, che hanno, ciascuna nel loro piccolo, una propria interpretazione della vita.

Il risultato è un film leggero, piacevole come una chiacchierata tra amici, come una serata davanti a una bottiglia di vino, in cui si cerca di interpretare il senso della propria esistenza, tra passato, presente e futuro. Il tutto senza trascurare per un solo istante l'aspetto visivo: merito dell'occhio di Cuzuioc o degli insegnamenti dei suoi maestri del passato, resta innegabile una certa capacità soprattutto nell'ideazione di campi lunghi puliti e simmetrici, come momentanee cartoline.