Foto-cronaca del festival (2)

Incipit

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I riti sono i soliti, la differenza sta nel contesto.

Appena sbarcati nella futuristica Potsdamer Platz ti rendi conto di quanto i tedeschi ci tengano a fare una bella impressione.

Fin dall'inizio.

Tutto scintilla di vetro e d'acciaio, il cielo è di un blu poco credibile, il businessman scivola tra i cartelloni ammiccanti mentre il lavavetri sembra danzare tra manifesti sospesi nell'aria.

Ma il critico non ha tempo per cogliere la “sinfonia” di un Ruttman attualizzato che sposa il Vertov del risveglio di Odessa: deve raggiungere il “centro stampa” e ritirare il suo accredito.

La chiave per accedere al paradiso.

Certo. Perché lo spettacolo deve incominciare.

Nonostante non ci sia ancora nemmeno un film in programma e tutti potrebbero tranquillamente prendersela comoda la febbre si è già impadronita del luogo: tutti filmano, tutti sono filmati, fotografati, schedati, ricordati, archiviati in un immenso “who is where” dell'anima.

Tra press-kit con borsa a secchiello e servizio di sicurezza onnipresente quanto invisibile, te ne vai con l'immagine di una notte festosamente trafitta dal neon e dai led.

È proprio vero: a Berlino l'America sembra già più vicina.