In the Mood for Sex

Nymphomaniac. Vol. 1

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Nei cartelloni pubblicitari di Nymphomaniac sparsi per la Berlinale (e che sono circolati ampiamente in rete durante l’intensa campagna pubblicitaria) si vedono tanti piccoli primi piani dei vari personaggi del film sfigurati nel volto dal momento dell’orgasmo.

Si sa che la sessualità acquisisce senso solo nel momento in cui è intrecciata a un desiderio, nel momento in cui, cioè, ne siamo implicati e siamo parte di essa. Lo sa bene la pornografia che si definisce non tanto per il fatto di basarsi su immagini esplicite (cosa che avviene anche in altri generi), ma soprattutto per giocare con l’inclusione del desiderio dello spettatore. Ma cosa succede quando ci stacchiamo dall’eccitazione sessuale e guardiamo l’atto sessuale dall’esterno, come sui manifesti del film dove l’orgasmo diventa un’immagine ridicola o perfino disgustosa?

Ne parlava una volta anche Slavoj Žižek di quell’esperienza spiacevole, “probabilmente nota a molti, quando accade che, mentre si è impegnati in un’attività sessuale, tutto ad un tratto ci si sente stupidi; si perde il contatto con essa… Come a dire ‘mio dio, cosa ci faccio qui, a fare questi stupidi movimenti ripetitivi?’.”

Nymphomaniac. Volume I, presentato oggi alla Berlinale nella versione lunga con inserti di sequenze hardcore, ci mostra proprio questo: il sesso quando si è separato dalla dimensione del desiderio e dall’eccitazione e diventa un movimento ripetitivo e idiota del corpo. Senza alcun senso. Come fa una ninfomane cha fa sesso in continuazione senza nemmeno saperne fino in fondo il motivo.

Il film inizia con Joe (Charlotte Gainsbourg), un donna di mezza età che vediamo sdraiata per terra sotto la pioggia, priva di conoscenza, tumefatta e picchiata. La raccoglie dalla strada un vecchio signore gentile ed educato, Seligman (interpretato da Stellan Skarsgård) che la porta a casa, le offre un tè e le chiede di raccontare che cosa le sia capitato. Inizia così un lungo flashback, diviso per capitoli, dove Joe racconta della propria ninfomania, che è iniziata, a suo dire, quando aveva 2 anni e che è andata avanti fino a che non è diventata una giovane donna (il resto del racconto sarà il tema della seconda parte del film che uscirà tra qualche mese).

Il film è tutto giocato sul confronto serrato tra lei che vede nella sua ninfomania una pratica disdicevole e immorale (alla quale comunque non sa rinunciare) e lui che tenta in tutti i modi di riportare i racconti sempre più estremi delle sue pratiche sessuali a una certa ragionevolezza o a senso di fondo. Seligman infatti è un appassionato di musica polifonica barocca, di scienze naturali, dei numeri di Fibonacci e della matematica pitagorica e tende a trovare in tutte le cose, anche nelle pratiche sessuali più aberranti e ciniche, una qualche spiegazione. Lei invece vuole continuamente convincerlo che no, non c’è redenzione per chi ha voluto dedicare la propria vita al peccato: la dipendenza nei confronti del sesso segna il limite estremo, il baratro oltre al quale non c’è senso e non c’è significato.

In un’opera molto lunga, per certi versi prolissa, ma estremamente coesa nella sua idea di fondo, Von Trier mette dentro tutto il suo cinema, nel bene e nel male: dal cinismo compiaciuto e stupidamente provocatore del capitolo Delirium, alla verve comica (che è forse la sua più grande qualità e che purtroppo sfrutta sempre meno) del capitolo Mrs. H. E punta tutte le sue carte su Stacy Martin, la giovane attrice che interpreta Joe e che si porta il film sulle spalle, con la sua aria svagata e un po’ persa, di chi la propria dipendenza verso il sesso è la prima a interrogarla invece che usarla a proprio vantaggio.

Diceva all’ultima edizione del Festival di Venezia Paul Schrader che è impossibile usare delle scene di sesso esplicito in un film mantenendo l’attenzione sulla storia e non provocando la fisicità dello spettatore. Se questa era la scommessa di Nymphomaniac, ci pare che Von Trier sia riuscito a vincerla. Per sapere però in che direzione vorrà portare questa lotta tra senso e limite del senso, tra ragionevolezza ed attrazione per l’estremo, tra cinismo e redenzione – e soprattutto che tipo di insegnamento vorrà trarne e se quindi finalmente imparerà a superare il proprio narcisistico cinismo – dovremo attendere la seconda parte film.