Cine-fumetti (1): "Le avventure di Tintin"

Spielberg cubista

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Mentre esce "Sin City", in attesa dello spassoso "Guardiani della Galassia", ci dedichiamo al rapporto tra cinema e fumetti, in un focus fatto di ricordi, innamoramenti, film dimenticati, pellicole nerd...

 

Ricordo quando andai a vedere il Tintin di Spielberg. Lo davano in un cinema piccolo piccolo, senza 3D, e pensai che sarebbe stato un peccato perderselo, il 3D. Ma in realtà fu una fortuna. Perché fu abbastanza emozionante e rivelatore accorgersi di come Spielberg fosse riuscito a rendere l'idea di profondità, di altezza e di totalità dello spazio, anche senza 3D, servendosi solamente dell’animazione, di ciò che restava piatto nell’immagine.

La rivelazione arrivò quando Tintin e il capitano Haddock fanno il loro ingresso in un paese marocchino in riva al mare: una rupe, una città a picco, case colorate, e soprattutto una diga. Il perché l’avrei scoperto subito: perché in un film una diga ci sta per un solo motivo, per rompersi e buttare giù acqua a tonnellate. Cosa che infatti succede quando Tintin e Haddock fuggono verso il mare inseguiti dai nemici, correndo in discesa con la velocità spensierata del fumetto, mentre alle loro spalle, lungo il canale centrale, un gigantesco torrente scende a tutta velocità.

Il movimento dell'acqua, la linea verticale che attraversa le inquadrature dominate dai due protagonisti, ha il compito di dare profondità, di creare movimento, di interpretare fisicamente una realtà immaginaria. E tutto questo in modo piatto, in 2D, con un procedimento tipico della pittura, che non potendosi servire della tre dimensioni a un certo punto ha cominciato a pensare allo spazio in termini di soggettività e geometria. Più o meno con Cézanne, e poi coi cubisti, con alberi, case, strade, oggetti e montagne a costruire una realtà in blocchi, tasselli, strisce; una realtà immaginaria ma concreta.

Con il 3D tutto questo sarebbe stato probabilmente intensificato, ma non sarebbe mai emerso come alla fine emerse in quella sala piccola piccola, come evidenza plastica, impressa nella mente perché stampata su un muro, proiettata senza trucchi su una superficie piatta. Solo così ho pensato che Le avventure di Tintin è quasi un film cubista.