A Beautiful Mind di Ron Howard

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In contemporanea con l'uscita al cinema del suo ultimo film (Solo: A Star Wars Story), questa sera, su Rete 4, alle 23:35 andrà in onda A Beautiful Mind di Ron Howard. Pellicola del 2001 tratta dalla biografia sulla vita di John Nash (interpretato da Russell Crowe). "Potrebbe idealmente considerarsi come il punto conclusivo di una “trilogia sul diverso”" scriveva Simone Emiliani su Cineforum 413 (acquistabile qui). Ripubblichiamo alcuni estratti dell'articolo qui sotto.


[…] Quella di John Nash non è la vicenda di un brillante matematico poi costretto all’emarginazione accademica a causa della sua schizofrenia. È soprattutto la struggente e appassionante solitudine di un “alieno” in cerca d’amore ma incapace di comunicarlo, un po’ come il personaggio di Prot proveniente da un pianeta lontano in K-Pax di Iain Softley o l’extraterreste umanizzato David di A.I.-Intelligenza artificiale di Steven Spielberg. Opere queste così lontane ma anche così aderenti ad A Beautiful Mind nel comune senso di non-appartenenza del corpo con l’ambiente, nella stessa capacità dei protagonisti di portarsi addosso quei chiaroscuri cromatici in cui l’illuminazione li evidenzia ma contemporaneamente li nasconde. Inoltre Nash porta con sé un numero di codice stampato sul braccio, utilizzato nel momento in cui deve consegnare dei documenti segreti in una casella di posta della Difesa.

Attraverso questo corpo estraneo, Howard penetra davvero con disinvoltura dentro l’epoca della Guerra Fredda, senza mai mostrare nulla. Ciò che si avverte incredibilmente in A Beautiful Mind è invece quel clima di oppressione, quelle tracce dark così claustrofobiche in cui le inquadrature di Howard sono sempre così avvolgenti, non-delimitate (soprattutto nelle direzioni verticali) che portano progressivamente John Nash dentro abissi sempre più profondi. […] 

A Beautiful Mind potrebbe idealmente considerarsi come il punto conclusivo di una “trilogia sul diverso” (da intendersi in un’accezione diversa rispetto allo spirito di Tim Burton, in quanto nei protagonisti di Howard è più evidente la consapevolezza di essere guardati dall’esterno), iniziata da EDTv e proseguita con Il Grinch. Ed Pekurny, il commesso di una videoteca che accetta di essere ripreso in diretta televisiva 24 al giorno di EDTv o il mostro verde che ha la sua abitazione in cima a un monte separata dagli altri abitanti di Kinonsò in Il Grinch vivono, con John Nash, in una realtà parallela, onirica e/o “ricostruita”, in cui viene drammaticamente accentuata la loro impermeabilità verso l’esterno. Per il protagonista di EDTv questa è costituita dal set televisivo, per Il Grinch dalla distanza (spaziale ed emotiva) dalle altre persone e dall’inaccessibilità della sua casa. Per John Nash invece gli oggetti limitanti sono soprattutto il vetro e le porte. Sul vetro della sua stanza a Princeton il protagonista di A Beautiful Mind ipotizza le formule di un modello matematico assoluto, ma al tempo stesso autopreclude la propria vista sull’esterno. Le porte invece sono quelle chiuse della stanza del proprio ufficio (in cui i segni della sua presenza sono evidenziati da pagine dei giornali attaccate sulle pareti) e soprattutto quelle dell’istituto psichiatrico che sembra come partorire un individuo doppio, uguale e contrario a se stesso. Nash si chiude all’interno del proprio territorio, si auto/separa, occultando volontariamente il proprio sguardo.

[…] Howard, con i protagonisti di EDTv, Il Grinch e A Beautiful Mind depura pienamente il corpo cinematografico sottoponendolo allo sguardo diegetico degli altri personaggi e a quello extradiegetico dello spettatore. Ma sono anche gli orizzonti visivi dei protagonisti della “trilogia” di Howard che sembrano ampliarsi. Nella sua ossessione di essere spiato, John Nash sembra possedere uno sguardo totale, a 360° (mentre il raggio visivo normale non raggiunge nemmeno i 180°), quindi uno sguardo in/umano, anormale, straordinario. I continui movimenti circolari di Howard tendono all’aspirazione di filmare per intero il raggio visivo dello sguardo di Nash, di racchiudere nella stessa inquadratura ciò che vede davanti e, contemporaneamente, ciò che vede dietro. Aspirazione negata dai limiti di un campo visivo per sua natura delimitato. Ma anche aspirazione di un cineasta come Howard così coraggioso e sfrontato nello spingere il suo cinema oltre, nel far vedere – al di là dei generi – ciò che è irrappresentabile.[…]

A Beautiful Mind è stato accusato, da una parte della critica, di aver volontariamente omesso episodi riguardanti il vero John Nash: la sua presunta omosessualità, l’episodio di un’altra donna e un altro figlio (entrambi abbandonati alla povertà) che hanno fatto parte della vita di Nash prima dell’incontro con Alicia. In realtà l’opera di Ron Howard gioca di sottrazione, dissolvendo fatti e personaggi, per materializzare visivamente le proiezioni mentali di Nash. In questo senso A Beautiful Mind è autentico film visionario, l’estensione al punto limite di uno sguardo-cinema che crea, da solo, i propri personaggi, e le loro storie. Il compagno d’università Charles, la nipotina di Charles e l’uomo del Ministero della Difesa Parcher rappresentano l’estensione di fantasmi-vampiri quasi carpenteriani (Vampires e Fantasmi da Marte), i segni di un delirio di uno sguardo condizionato da una mente che gli pone davanti agli occhi non quello che c’è ma quello che dovrebbe esserci. 

[…] in un’operazione di traslazione nel Tempo e in una folle forzatura critica, A Beautiful Mind potrebbe essere anche un film girato da Ron Howard (considerato come uno registi più rappresentativi della “vecchia Hollywood”) nel 1947 da inquadrarsi anche come un noir gotico. Inoltre Howard ha la capacità di raccontare una storia vera come se fosse falsa. La “non-credibilità” di A Beautiful Mind (accusa mossa al film di Howard da una parte della critica) diventa così, in questo senso, non solo un punto di forza, ma anche il segno di una reinvenzione dove la realtà resta soltanto soggetto limitante da cui il cinema di Howard apre verso infiniti mondi im/possibili.