Indiziato di reato di Irwin Winkler

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Questa sera, su Cine Sony (canale 55), alle 21 andrà in onda Indiziato di reato di Irwin Winkler. Film del 1991, fu presentato in concorso al 44º Festival di Cannes. Ambientato nella Hollywood degli anni cinquanta in pieno maccartismo, Robert De Niro interpreta il ruolo di David Merrill, un regista accusato di simpatizzare con i comunisti e messo sotto processo. Per l'occasione ripubblichiamo alcuni estratti della recensione scritta da Federico Chiacchiari pubblicata su Cineforum 310 (acquistabile qui).


[…] Per gli americani parlare di Comunismo non può voler dire altro che Anni '50. Fu allora che questo termine divenne un marchio infamante, fu allora che si scatenò l'ormai famosa «caccia alle streghe». Ed ecco che Irwin Winkler (già geniale e miliardario produttore di pellicole straordinarie come Fragole e sangue, Senza un attimo di tregua, Rocky, Toro scatenato, Round Midnight, Quei bravi mgazzi) sceglie per il suo esordio alla regia proprio questo tema, così scottante per la cultura americana. L'idea gli nasce in Francia mentre girava il film-jazz con Tavernier. Lì conosce John Berry, grande talento cinematografico costretto ad emigrare a causa delle liste nere, che gli racconta il clima di quegli anni, le persecuzioni e il senso di progressivo smarrimento in cui venivano a trovarsi attori, registi, sceneggiatori ecc. trovatisi improvvisamente senza più possibilità di lavorare. Su quel periodo «famigerato» già negli anni Settanta vi erano tornati alcuni registi «perseguitati» […] Tornarci di nuovo in quest'inizio di anni Novanta è in qualche modo una scelta bel precisa: fare un film dichiaratamente “progressista”, cioè farla finita con gli Anni '80. Ma come spesso accade la scelta è coraggiosa fino ad un certo punto (Winkler non è mica Spike Lee o Jonathan Demme): David Merrill è interpretato nientemeno che da Bob De Niro, ed ovviamente non è certo un comunista, ma un liberale che a cavallo tra gli Anni Trenta e Quaranta ha partecipato a qualche riunione, «ma mi hanno cacciato - dirà alla commissione che lo interroga - discutevo troppo». Questo è un po' il vizio di fondo di tutto un certo cinema progressista americano, quello cioè di affrontare temi «forti», ma poi affrontarli «di taglio», senza avere il coraggio di prenderli «di petto» (come Lee in Fa' la cosa giusta).

[…] Winkler ottiene due risultati: da un lato evidenzia quanto mostruosa sia stata la persecuzione di cittadini esclusivamente per le loro idee politiche, e sottolinea la follia di quegli anni con più forza tanto più è evidente l’“innocenza” di Merrill/De Niro; dall'altro mostra quanto ancora chiusa ed ipocrita sia la società americana, dove nonostante tutti i cambiamenti nei paesi dell'ex socialismo realizzato, ancora non si può essere contemporaneamente «Comunisti» e «innocenti». 

Quanto al testo propriamente detto c'è da dire che Winkler è un esordiente atipico, e con un'esperienza di oltre vent’anni di produzione alle spalle non arriva certo «emozionato» alla regia. Questo è un pregio e un difetto: pregio perché il film risulta particolarmente controllato, senza virtuosismi da primo della classe, punti morti o recitazioni sopra le righe (anzi, è bellissimo vedere un attore come De Niro così «sottotono», quasi alla Bob Mitchum); ma - dicevamo - è anche un difetto perché è come se il film mancasse della “freschezza” degli esordienti, la consapevolezza della prima volta, la voglia di esprimere tutto e subito. C'è comunque la capacità di evidenziare come il maccartismo operasse delle vere lacerazioni proprio al livello del «privato»: i sentimenti distrutti, famiglie a pezzi, amici che tradivano e che venivano a chiederti il permesso di farlo per sentirsi meno in colpa, comunità basate evidentemente su falsi sentimenti che si sbriciolavano completamente […] Ed è proprio sulla distruzione delle relazioni interpersonali che il film di Winkler riesce a dare il meglio di sé, ottenendo poi grandi risultati da un'Annette Bening quasi pudica, cui però basta una mezza scena (di mattina al risveglio, mentre grida al figlio di non fare tardi per la scuola) per mostrare tutto l'erotismo di cui è capace.[…] 

La vita di David Merrill cambia quando rinuncia alla carriera per la sua dignità: rifiuta di fare i nomi delle persone che frequentavano le riunioni, rifiuta di tradire gli amici. Perderà la ricchezza, il lavoro, gli amici, tutto. In questo suo vagabondar e alla ricerca di un lavoro incapperà nella regia di un B-movie, un western da due soldi, cinema nel quale apparentemente non guardavano tanto in faccia nessuno (come dire basta che costi poco e sei bravo e veloce... ma poi le liste nere arrivarono fin lì). Qui Winkler ci regala l'unica emozione forte di tutto il film: per un attimo lo schermo si accende di una «magia» rara, che è propria del grande cinema: De Niro si trova col copione in mano e deve improvvisamente dirigere una scena, non c'è tempo per pensare, per studiare, deve subito agire. Ed ecco che mentre Merrill/De Niro spiega alla sua troupe come girare la scena la macchina da presa di Winkler comincia a girare all'impazzata, in un vortice tutt'intorno al personaggio, sempre a fuoco, sempre al centro, mai visto di spalle. Un piccolo miracolo di regia, un «lampo» lanciato dall'ex produttore per farci capire come nasce un'emozione.