Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow

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Questa sera, su Iris, alle 23:30 andrà in onda Zero Dark Thirty. Film del 2012 con Jessica Chastain, diretto da Kathryn Bigelow. "Il primo film di guerra che introduce la donna come vera eroina del terzo millennio" così scriveva Pier Maria Bocchi su Cineforum 522 (acquistabile qui). Per l'occasione ripubblichiamo alcuni estratti dell'articolo.


[…] Di fronte a un film che dispiega le forze, il critico ha finito per dispiegare le sue, un integralismo profondo e purtroppo radicato, sordo non tanto ai cambiamenti della realtà delle cose – che possono anche non cambiare e non essere cambiate – ma al dovere di trasformazione e di traslazione – e talvolta di vera e propria reinvenzione – del cinema. Quando non ha altri mezzi, la critica cerca la fedeltà ai fatti, specialmente ai fatti suoi: trascurando che può esserci una verità riflessa, forse non coincidente con la verità (quale?) ma non meno importante, talvolta annacquata ma alcune (rare) volte, al contrario, ispessita, e dunque iperrealisticamente adeguata a inquadrarla. Il cinema-specchio contemporaneo non deve significare obbligatoriamente riproduzione, e può essere bello anche quando è remake, rifacimento, rielaborazione. Ancor più se si tratta di un genere che è il simbolo, più di dieci anni dopo, di un’incrinatura irrimediabile di quella verità, di una storpiatura della realtà e della percezione della medesima che nessuno – cinema e politica compresi, per non parlare della critica – può rimettere nel verso giusto, ammesso che questo verso sia mai stato possibile. […] Zero Dark Thirty è il primo film di guerra che introduce la donna come vera eroina del terzo millennio (altro che Resident Evil!), protagonista indispensabile della modernità.

La donna che non fugge, che non si vendica della prepotenza dell’uomo, che non si ammutolisce davanti allo strapotere della virilità: bensì una donna che agisce nella stanza dei bottoni e che fa la realtà. Una donna dunque che guarda, capisce, risolve, sprona, fa presa. […] Eccolo, il nuovo war movie, finalmente il film di guerra post-post-9/11 che si toglie i vestiti un po’ pesanti dell’offensiva sul campo: Zero Dark Thirty è la battaglia di una donna che sgomita per far prevalere un’idea e un modo di vedere le cose; Maya è l’Harvey Milk della società americana odierna, la pulzella – anzi, l’ancella, per dirla con Wolf – di un Paese straziato fra l’irruenza del proprio status dominante e il trauma della colpa. Vince, Maya? La scena finale, sull’aereo, e il suo primo piano in lacrime, lascia qualche dubbio. Sicuramente è una vittoria di sesso e unicità espressiva che trova il deserto intorno; l’isolamento che l’attende, in quel momento che chiude il film (con il soldato che le dice di sedersi dove vuole: è sola), non è casuale. Osama muore, l’America esulta, Maya torna a casa. Però la forza di un genere che trova un’angolazione di genere inedita, e che si rilancia come modello per l’emancipazione (e usare questa parola è ancora inebriante) di un’alterità di protagonismo, non si può sottovalutare. Adesso, qui, in questo mondo, nel cinema hollywoodiano, non mi sembra poca cosa. […]

Ricordate The Hurt Locker? Era una sinfonia di guerra. Questo film è invece un film intimista, lo sguardo in camera di una donna che ha scelto di stare dalla parte di se stessa: non dell’esercito, non dei terroristi, non dei politici, non dei capi di Stato, ma dalla parte che la riguarda in prima persona, come gender e come woman at work. Quali manomissioni della realtà? Quali forzature inverosimili? Che c’entra? Directed by Kathryn Bigelow, c’è scritto. La quale, dopo aver fatto morire Osama bin Laden, si chiede con il volto di Maya rigato dalle lacrime se è stato veramente un successo. Non c’è nessuno intorno, e in privato ogni dubbio è lecito. Fuori, è un’altra cosa.