“Soldato di carta” di Aleksey German

Il sogno mancato di un popolo

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Quando dirige Soldato di carta, Aleksey German jr. ha alle spalle i due lungometraggi Poslediny pozed (2003) e Garpastum (2005) e una precisa linea tematica che accomuna questi e i successivi lavori: fare della storia recente del suo Paese una chiave di lettura per riflettere sulla Russia contemporanea.

Il film, premiato a Venezia 2008 con il Leone d'Argento e trasmesso solo nel novembre scorso da Fuori Orario, guarda alla generazione dei padri, riscontrandovi la medesima odierna attesa di vedere avverati i propri sogni e ambizioni individuali e collettive, una speranza di rinnovamento che negli anni Sessanta si incarnava nella corsa alla conquista dello spazio.

Daniil Pokrovski, medico incaricato dall'esercito di seguire la preparazione dei futuri cosmonauti, è l'emblema di quegli uomini e donne tesi verso il riscatto della Nazione dagli orrori di cui è stata vittima e carnefice durante la dittatura di Stalin. Il conflitto interiore tra responsabilità civile e inquietudine personale si manifesta nella sensazione di inadeguatezza che attanaglia il protagonista, in particolare nelle relazioni con la moglie e con una ragazza della pianura kazaka dove lavora, entrambe scandite da vuoti e stanchi gesti, espressioni di un sentimento finito o forse mai veramente esistito.

Pokrovski è in definitiva tanto proiettato verso l'avvenire da lasciarsi correre addosso il presente, che gli sfugge senza che neppure se ne accorga, perdendo una vita a rincorrere un ideale piuttosto che cercare di realizzarlo: un'esistenza piatta, espressa anche a livello visivo da movimenti di macchina esclusivamente sull'asse orizzontale. È contro questo imperdonabile immobilismo che si scaglia l'autore in un'accusa rivolta a chi ha avuto sì l'occasione di cambiare le cose, ma ha preferito, per paura o infingardaggine, lasciar fare ad altri, limitandosi esclusivamente a rispettare gli ordini impartiti.

La rinascita nazionale sfuma così rapidamente in un mero benessere consumistico di cui quegli infiammati idealisti sono le prime vittime e il soldato di carta – oggetto di una nota canzone di Bulàt Okudzhàva – l'emblema, succube di un'ubbidienza tanto cieca da non accorgersi di camminare nel fuoco, finendovi bruciato.

Viene immediato allora l'accostamento all'attuale Russia pseudo-zarista di Putin e alla gioventù che si trova nuovamente davanti a un necessario quanto atteso cambiamento: a essi si rivolge il regista, con il monito che gli errori di un tempo non ritornino in futuro, con conseguenze uguali se non addirittura peggiori.

Soldato di carta (Bumažnyj soldat, Russia, 2008, 113') trasmesso il 14 novembre 2014 su Rai3.