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Una chioma accuratamente lisciata, tagliata nella foggia ridicola di un paggetto, che incornicia un muso taurino dove lo sguardo è sempre raggelato in una follia calma, opaca e atrocemente ironica, mentre le mani sono strette ad un tubo ad aria compressa o ad un fucile a pompa per uccidere a volontà: è Anton Chigurh (Javier Bardem) di Non è un paese per vecchi (2007), efferato sicario dei trafficanti di droga degli anni '80, straniero in terra straniera (Texas), una mostruosa macchina di morte che ammazza per il piacere di ammazzare (l'omicidio iniziale di un poliziotto sembra procurargli un orgasmo) e che nulla e nessuno sembra in grado di fermare.

I “mostri” all'angolo delle strade (e non solo i mostri), nel cinema dei Coen, hanno un'evidenza grafica che deriva il proprio impatto visivo anche da dettagli tanto più rivelatori quanto più sembrano stridenti e paradossali. Da quella pettinatura assurda traspare l'ordine delirante in cui crede Chigurh, personaggio che nel romanzo di Cormac McCarthy non è descritto fisicamente (se non gli occhi blu, che nel film non ha), mentre il nome è stato scelto dallo scrittore perché inesistente e forse perché (tocco di humour nero) suona quasi come “Sugar”.

Chigurh è un “fratello” ideale di altre silenziose maschere di brutalità inventate dai Coen, come Gaear Grimsrud (Peter Stormare) di Fargo (Bardem, interpretandolo, ha pensato al "reverendo" Powell/Robert Mitchum di La morte corre sul fiume e al Joe Doe/Kevin Spacey di Seven).

I due fratelli si sono ispirati alla fisionomia del frequentatore di un bar bordello texano della fine degli anni '70, vestito e pettinato allo stesso modo. La sua crudeltà monolitica, alimentata da una ferrea logica dello sterminio, dalla dedizione all'efficienza del proprio corpo e dal sadismo infantile di giocare a testa o croce con le possibili vittime, incarna la degenerazione irreversibile del mito dell'Ovest, dove i trafficanti di droga hanno sostituito i ladri di cavalli.