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Quella della Pixar è una storia fatta di sogni e utopia, fin dall’inizio, quando nel 1979 George Lucas fonda insieme allo specialista informatico Edwin Catmull la Graphic Group, una costola della LucasFilm, deputata alla produzione degli effetti speciali sempre più necessari per raccontare le sue favole.

Nel 1986, esaurito l’entusiasmo degli inizi, la società passa di mano e viene acquistata per 10 milioni di dollari dal più grande dei visionari, ovvero Steve Jobs. Cambia anche il nome della società che diventa Pixar Animation Studios e anche l’obiettivo strategico, che si trasforma nell’utopia di produrre il primo lungometraggio interamente in grafica computerizzata (CGI).

Il nome Pixar nasce come una mescolanza che riunisce la parola “pixel” e le iniziali del nome dell’animatore Alvy Ray Smith con cui collabora anche un giovane pieno di idee e la cui visione si adattava magnificamente a quella di Jobs: si tratta di John Lasseter, talento diplomato al CalArts, che negli anni si rivelerà il vero deus ex machina della Pixar, in grado di dettarne obiettivi e successi.

Per raggiungere gli scopi prefissati diviene fondamentale il brevetto del software RenderMan, che a partire dal 1989 consentirà la realizzazione di tutti i lavori Pixar. Inizia così un periodo segnato dalla realizzazione di cortometraggi geniali, con i quali sperimentare software nuovi e sempre più sofisticati, e dalla produzione commerciale di spot e loghi. Già nel 1987 si fa notare il delizioso corto Luxo jr, che si segnala anche per la prima nomination all’Oscar della Pixar e che diventerà una sorta di logo animato che precederà tutti i lungometraggi successivi. Oscar che arriva nel 1989 grazie a Tin Toy, un corto in cui Lasseter inizia a immaginare il mondo dei giocattoli che svilupperà con la saga di Toy Story.

Nel 1991 Pixar sigla un fondamentale accordo con Disney che prevede la realizzazione di tre lungometraggi completamente digitali. Il primo a vedere la luce nel 1995 è Toy Story – Il mondo dei giocattoli, che l’anno successivo regalerà a Lasseter un Oscar speciale e ben tre nominations.

Nel frattempo il fenomeno Pixar inizia a diventare anche un affare commerciale e la società nel 1995 viene quotata in Borsa. Una crescita veloce che richiede anche spazi sempre più ampi, tanto che nel 2000 si trasferisce a Emeryville, sempre in California, dove nasce il Campus Pixar. Prosegue tra alti e bassi il rapporto subalterno con Disney, ma a causa del contrasto tra Jobs e il CEO Michael Esner sulla distribuzione di Toy Story 2, si arriva alla separazione tra le due grandi aziende.

Nel 2006 Pixar e Disney tornano a lavorare insieme, ma questa volta il rapporto non è più così sbilanciato. Disney acquista Pixar per la strabiliante cifra di 7,4 miliardi di dollari e Steve Jobs entra nel Consiglio di Amministrazione della Disney. Nel 2009 arriverà anche la definitiva consacrazione per tutto il lavoro svolto dagli artisti della Pixar, con la proiezione Fuori Concorso al Festival di Cannes di Up e la consegna a John Lasseter  di un Leone d’Oro speciale nel corso della 66a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

A partire da quel lontano 1986, quella della Pixar è diventata una pagina significativa per la storia del Cinema. Alla base di questo successo c’è la voglia e la capacità da parte degli artisti Pixar di restare sempre bambini e di raccontare mondi fiabeschi ma anche divertenti che si condensano in una narrazione capace di raggiungere pubblici diversi. Un universo giocoso in cui i personaggi possono trasferirsi da un film all’altro e dove sono disseminate citazioni divertenti che coinvolgono lo spettatore più curioso in una vera caccia al tesoro. Come per esempio la ricerca dei fotogrammi del furgoncino Pizza Planet, di Topolino e della sigla A 113 (riferimento alla classe frequentata da Lasseter al CalArts) contenuti in ogni film e che saranno ben mimetizzati anche nel nuovissimo Monsters University: che la caccia abbia inizio, ancora una volta!