INTERVISTE

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Incontro con Stefano Bises

Sabato 8 e Domenica 9 Ottobre, a Milano, presso lo spazio culturale Acqua su Marte, si è tenuto il workshop di scrittura seriale presieduto da Stefano Bises, sceneggiatore della serie tv Gomorra e di molti altri lavori italiani pensati per il piccolo schermo come Tutti pazzi per amore, Squadra antimafia, Il capo dei capi. L’occasione è stata buona per scambiare qualche parola con l’autore.

La serie tv Gomorra ha da poco esordito negli Stati Uniti dove ha ottenuto critiche molto positive. Cosa significa questo per te? Avverti una responsabilità maggiore ora che il tuo lavoro è stato paragonato a capisaldi della serialità come I Soprano?
Provo molto pudore in questo momento, considero I Soprano la migliore serie di sempre e penso che sia un traguardo irraggiungibile e inimitabile. Mi fa ovviamente piacere poter leggere recensioni così entusiaste ma è solo uno stimolo ulteriore per continuare a fare meglio.

Qual è secondo te il motore pulsante di una buona serie televisiva?
Il personaggio protagonista. È lui che darà vita alla serie. Prima di tutto bisogna delineare le sue caratteristiche e solo in un secondo momento calarlo all’interno di una storia, non viceversa. È sempre lui che, se costruito per bene, ti prenderà per mano mentre stai pensando a come strutturare un episodio, ed è sempre lui che ti suggerirà come portarlo a termine. La trama è secondaria. Prendi come esempio l’episodio The Fly della serie Breaking Bad (episodio 10 della terza stagione, ndr): in quell’episodio non succede nulla di nulla, una mosca entra nel laboratorio del protagonista. Punto. Eppure è un episodio magistrale, sono i personaggi a tenerlo vivo, a renderlo appassionante. La mosca incarna il caos, il disordine che si annida sotto la pelle di un Walter White che fino a quel momento si era comportato come un chirurgo di massima precisione. Con Gomorra ho cercato di fare lo stesso, utilizzare una trama semplice e, se vogliamo, banale per poter lasciar vivere dei personaggi unici.

È quindi il protagonista che differenzia la serie tv dal cinema?
Esattamente. Un film racconta una storia con un personaggio che vive e muore in 100 minuti. In tv, come dicevo prima, è il contrario: il personaggio principale è il protagonista della sua stessa storia, che si va creando di episodio in episodio, una storia potenzialmente infinita, senza conclusione.

Quali sono le tue serie tv preferite, quelle alle quali ti ispiri maggiormente?
Come dicevo prima, sicuramente I Soprano che per quanto mi riguarda rimarrà un capitolo irraggiungibile. Ho apprezzato moltissimo anche Breaking Bad, la prima stagione di Homeland, la prima di House of Cards, Mad Men e True Detective (la prima stagione, la seconda l’ho guardata in maniera distratta e non saprei giudicarla ora). Di base posso dirti che sono un amante dei personaggi reali e concreti, non amo (per gusto personale) gli universi in cui “vale tutto”. Ad esempio, considero Lost un’ottima serie, però preferisco gustarmi altro. Tutti questi lavori, più che ispirarmi verso un modus operandi più adeguato, mi servono perché mi fanno sentire inadeguato per il lavoro che faccio. Mi spronano quindi a cercare sempre un risultato migliore rispetto al precedente. Mi esortano a scavare di più, a lavorare con sempre maggiore cura sui personaggi.

Gomorra è vista come la migliore produzione seriale italiana. Quale differenza noti tra questo lavoro e quelli che hai firmato in precedenza?
L’esperienza passata mi è tornata sicuramente utile per poter realizzare Gomorra. La differenza più vistosa che ho avvertito nel lavorare a questa serie è stata quella della fase di ricerca. Per Gomorra mi sono dovuto documentare come mai prima di allora. Avevo a disposizione tempi più lunghi e ho potuto informarmi e rivedere il materiale a disposizione svariate volte. Credo che questa cura, a tratti maniacale, nella fase di ricerca abbia sicuramente aiutato a rendere il tutto più riuscito che altrove.

Cosa rispondi a chi ha criticato Gomorra di essere una serie televisiva macabra, in cui avete provato a dipingere dei bruti assassini come degli eroi?
Non abbiamo creato eroi, ma personaggi empatici. Questa serie non è un veicolo per spronare le persone a comportarsi male. Anche perché, obiettivamente, i protagonisti non è che conducano una vita invidiabile: sono poveri, vanno in prigione, subiscono continue minacce, vengono assassinati… Non abbiamo voluto restituire un mondo a 360 gradi, è vero. Per questo motivo abbiamo tralasciato le innumerevoli associazioni che operano in quei luoghi per cercare di migliorare le cose (e alle quali va tutto il mio rispetto). Tuttavia, si tratta di una scelta drammaturgica: quello che vedete non è Scampia, ma la parte più cupa di Scampia. Se avessimo accostate a questi personaggi delle figure “buone”, ciò non avrebbe addolcito il carattere dei protagonisti: non ho bisogno del bene per raccontare il male, il male esiste anche senza il suo contro altare. 

Quale consiglio ti senti di voler dare a chi sogna di poter diventare uno sceneggiatore seriale oggi? Secondo te è un buon periodo per intraprendere una carriera simile?
È un ottimo periodo, anzi, probabilmente il migliore di sempre. Le piattaforme si sono moltiplicate, così come la domanda da parte del pubblico. Si ha fame di serie tv e questo linguaggio sta riscuotendo un successo sempre maggiore. Addirittura stanno iniziando a interessarsi dei nostri lavori anche aziende estere. Bisogna cavalcare l’onda, abbiamo il dovere di non perdere l’attimo. Bisogna essere ambiziosi perché è un’occasione irripetibile. Si può ricominciare a costruire una palestra di talenti e fare sistema intorno a questo.

Hai mai pensato di scrivere qualcosa per il cinema?
In questo momento stanno girando una mia sceneggiatura dove il protagonista è Antonio Albanese, però di base preferisco la serialità perché ha una gittata più ampia, vive di più, ti permette di esplorare di più le relazioni tra i vari personaggi rendendole complesse e profonde. Sono proprio le relazioni e le connessioni umane tra i protagonisti che io adoro nel mio lavoro, per questo motivo preferisco la televisione, perché ti permette di dedicare maggiore attenzione a questo aspetto.

Progetti futuri?
A brevissimo (tra un mese circa) dovrebbe andare in onda sulla Rai la serie che abbiamo tratto dal film di Pif La mafia uccide solo d’Estate. Abbiamo lavorato cominciando dalla geniale idea di raccontare la mafia attraverso una lente divertente e più comica. Sono entusiasta del risultato e anche lo stesso Pif (che ha già visto il prodotto) si è detto contento del lavoro. Credo che sia una serie abbastanza innovativa per i più consolidati canoni Rai: ha una struttura del racconto diversa e presenta un punto di vista inusuale per trattare certe tematiche.