Dominic Cooke

Chesil Beach

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Sono gli anni Sessanta, il decennio che più di ogni altro ha incarnato l’incontro e lo scontro tra culture e generazioni, tra vecchio e nuovo, tra tradizione e modernità, cambiando per sempre il volto dell’Occidente, ciò che sta al centro di Chesil Beach. Dietro la storia romantica dei due ventenni protagonisti, si cela infatti una collisione di mondi come mai prima d’allora distanti e incapaci di dialogare: da una parte Florence, il frutto di una famiglia alto borghese ancorata alle sue certezze, a una società che si sta lentamente spegnendo nel suo impersonare valori morali perentori, canoni estetici classici, fiducia cieca nel potere (come rivela la difesa, da parte della madre, della costruzione del muro di Berlino); dall’altra Edward, il nuovo “seme del cambiamento”, nato dal proletariato, contaminato dalla nuova cultura giovanile, dalla sua voglia di rompere gli schemi preesistenti, dal suo bisogno di cambiare, sovvertire, dire la propria, che così duramente sfocerà nel ’68 e nelle sue contestazioni.

Lei (Saoirse Ronan) è musica classica, è dizione perfetta, abiti impeccabili e portamento severo (lo rivelano ad esempio i piedi perfettamente allineati sotto al tavolo). Lui (Billy Howle) è il vento del blues e del rock ‘n’ roll, da Little Richards a T-Rex, è il “beatnik” con le maniche arrotolate e la cravatta allentata, che sovverte le regole e i codici, in nome di una inedita libertà di comportamento. Due mondi distanti e distinti, che tentano l’incontro nell’amore, si scontrano nella sessualità, e finiscono per non riuscire a voltarsi mai più l’uno verso l’altro, perdendo ogni possibile punto di contatto e dialogo, come quelle due figure di spalle, una di azzurro vestita, una in nero, lungo la spiaggia dorata di Dorset.

Sono gli anni Sessanta, si diceva, e si è ancora lontani (più idealmente che cronologicamente) dalla liberazione sessuale nei suoi picchi estremi del decennio successivo, nella sua normalizzazione dell’oggi. Ancora due giovani sposi, entrambi vergini, possono vivere la loro cena di luna di miele nel disagio e nell’imbarazzo, consapevoli, nella teoria ma non nella pratica, di quello che per volere sociale dovrà accadere in quella prima notte insieme.

Seguendo minuziosamente l’omonimo romanzo di Ian McEwan (qu anche sceneggiatore e coproduttore), Dominic Cooke mette in scena un “balletto” di gesti timorosi e impacciati, giocando con leggerezza e perfetta ironia inglese, e saltando costantemente lungo l’asse temporale tra la stanza con vista Chesil Beach e il passato dei due protagonisti. Permane, come nel romanzo, l’attenzione al dettaglio, il dilatarsi della scena in albergo tutto teso verso il fatidico momento del primo incontro sensuale. Un incontro che sarà disastroso, segnando la fine della coppia stessa.

Florence, infatti, ha un approccio complesso con la sessualità, un disinteresse e un disgusto verso la fisicità che, nell’epoca pre-sessuologi, pre-Internet, pre-disinibizione, la porta all’isteria, al sentirsi inadeguata come donna e, conseguentemente, alla negazione della sua stessa dignità personale nel proporre al marito un matrimonio di facciata, dichiarandosi disposta a sopportare ogni futuro tradimento. È una donna d’altri tempi (tanto per Edward, quanto per lo spettatore), priva degli strumenti necessari per un’autoanalisi, inconsapevole dell’importanza che una corretta sessualità può avere sulla sua stessa vita; è una donna che cerca risposte nei libri, ma è lasciata sola nel suo problema, in una società costruita sui tabù, in una famiglia che non concede riscontri, che chiude la bocca a tutto ciò che è “sconveniente”. Ricusato e taciuto, il dolore interiore della ragazza non può pertanto che esplodere con rabbia e freddezza, senza lasciare spazio alla mediazione e al dialogo, come un fulmine a ciel sereno – ancor più nella versione cinematografica che in quella letteraria dove McEwan disseminava con più abilità il sentore di un disagio.

Rimane in superfice, pertanto, Chesil Beach; timoroso, non si addentra nell’oscurità di una sessualità “malata” in quanto inibita fino agli estremi, né tanto meno nella fragilità di un’unione matrimoniale edificata senza le basi del confronto e della libera espressione (così diametralmente opposta a quella a cui in questi giorni ci sta abituando la serie targata Netflix, Wanderlust). Una paura nelle scelte di regia che si ripercuote sull’intero quadro, il quale finisce per mantenersi all’interno di un perimetro di comfort fatto di immagini pulite e sfocia in un finale al limite del favolistico. Staccandosi per la prima volta dallo scritto, infatti, e andando in esatta controtendenza rispetto a esso, il film sceglie di chiudersi in una lunga analisi del poi (che nel romanzo è relegata in poche righe), producendo una serie di trovate accomodanti da commedia romantica e stereotipando Edward, via via che il tempo della storia scorre, sempre più in uno schematico prodotto degli anni Settanta.

Chesil Beach – Il segreto di una notte
Gran Bretagna, 2017, 105'
Titolo originale:
On Chesil Beach
Regia:
Dominic Cooke
Sceneggiatura:
dal suo omonimo romanzo, Ian McEwan
Fotografia:
Sean Bobbitt
Montaggio:
Nick Fenton
Musica:
Dan Jones
Cast:
Adrian Scarborough, Anne-Marie Duff, Bebe Cave, Billy Howle, Emily Watson, Jonjo O'Neill, Samuel West, Saoirse Ronan
Produzione:
Bbc Films, Number 9 Films
Distribuzione:
Cinema Distribuzione

La storia d’amore della violinista Florence e Edwarnell’Inghilterra dei primi anni ’60, pochi anni prima della rivoluzione sessuale, prigionieri dei tabù di un’epoca e delle convenzioni familiari e sociali. La loro luna di miele a Chesil Beach li porterà verso altre strade, altri destini, altre vite.

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