Simone Manetti

Ciao amore, vado a combattere

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Quante metamorfosi un corpo può sopportare, senza lasciarci l’anima? Come si possono cancellare le cicatrici di vite passate, che l’hanno segnato nel tempo? Qual è la strada da intraprendere contro la dittatura dei ruoli prestabiliti, quando il tuo “corpo-immagine” rientra appieno negli attuali canoni di bellezza? Con la sua opera prima Simone Manetti, compie un’interessante ibridazione del film a tema sportivo, infrangendone i confini e restituendo allo spettatore una visione più ampia e non didascalica.
Miloš Forman nel 1972 realizza un cortometraggio in occasione delle Olimpiadi di Monaco, dove pone in risalto la fatica, il collasso fisico e gli errori degli atleti su uno sfondo musicale composto da jodel, campane di vacche e musica classica; cogliendo tutta la drammaticità e gli aspetti involontariamente ridicoli o estranianti. In Decathlon ci sono delle affinità con il lavoro di Manetti. Entrambi i registi non sono interessati al “bello”, alla “perfezione” o al business legato al mondo dello sport, che un oppressivo sguardo televisivo continua a propinarci. Piuttosto, mostrano il lato nascosto della pratica di una disciplina, lontano dall’estetica dei reportage giornalistici.
Ciao Amore, vado a combattere è un film fatto su misura, che ci racconta l’incredibile storia di Chantal Ughi. Lei ancora adolescente, intraprende una carriera fatta di viaggi e grandi cambiamenti che la portano dalle passerelle del Giappone ai set cinematografici italiani; dai palcoscenici di un locale underground newyorkese sino a troneggiare sui ring della Thailandia.

Chantal è modella, attrice, cantante, atleta e le “sue vite” oscillano tra la mancanza e la dipendenza affettiva. Una regia sicura mette insieme i diversi momenti di questo errare per il mondo, affonda nell’intimo della sua eroina-combattente che ritorna sul suo doloroso passato e li riscrive in uno sport-road-movie insolito. Utilizza diari personali, materiale d’archivio preso in prestito da Howard Monath Schwartz, frammenti di film in cui lei appare e vecchi Super 8 d’infanzia. La musica di Francesco Motta sembra un personaggio del film: non è mai commento ma pulsa dei sentimenti e dell’adrenalina della protagonista, rende vive le luci della città che scorrono come liquido fluorescente, dà densità agli scontri fisici.
«Ciao Amore, vado a combattere» è a sua volta la frase che la protagonista dice al suo ex-fidanzato, un musicista tossico e alcolizzato, prima di rivoluzionare ancora una volta la sua storia personale. La causa scatenante che mette fine alla loro relazione è un gesto estremo da lui compiuto, come in una versione immaginaria e hardcore de “Il Ritratto di Dorian Gray”; pianta un numero infinito di chiodi su un ritratto che raffigura la giovane ragazza, regalo di un amico pittore.
Questo evento traumatico e una profonda crisi esistenziale portano Chantal a Bangkok dove vivrà cinque anni, diventando quattro volte campionessa mondiale di Muay Thai; antica arte del combattimento thailandese dove ai contendenti è consentito utilizzare una combinazione di colpi che coinvolge otto parti del corpo. Dopo cinquantatré incontri si ritira dal quadrato.

La storia inizia da questo punto, quando Chantal decide di tornare indietro per riprendere i duri allenamenti e vincere ancora una volta il titolo mondiale. Il regista insieme ad Alfredo Covello, (produttore di un altro interessante esordio: Fuoristrada di Elisa Amoruso), la seguono in quest’avventura.
La protagonista è mostrata in contrapposizione a un paese che non sa nulla di lei e del quale conosce poco la lingua. È seguita in modo ravvicinato nelle lunghe giornate d’allenamento che la separano dall’incontro. Questo ritorno è per lei un tentativo di archiviare un gravoso passato esconfiggere una volta per tutte i suoi demoni.
Chantal ha uno sguardo malinconico, perso. Immersa nella livida luce delle palestre sfoga la sua rabbia repressa menando pugni, calci, gomitate e potenti colpi di ginocchio sull’addome dell’avversario. Gli allenamenti, così come gli incontri di lotta, si trasformano in lunghe ed estenuanti danze bagnate dal sudore e dalle lacrime. La camera segue gli avversari “a fior di pelle”, si muove insieme ai corpi che volteggiano in incastri, intrecci e prese che tolgono il respiro. Un vortice di corpi che cadono e si rialzano. I luoghi adibiti agli incontri di Thai boxe, sono anche spazi di socialità varia. Alla folla che grida e incita gli atleti si mescolano giocatori di biliardo, avventori da bar o anziani turisti accompagnati da giovani locali.

Il suo è un percorso solitario. Interagisce solo con i colleghi di boxe e il coach.
Gli spostamenti in taxi sono dei fugaci momenti d’intimità, i conducenti diventano dei confidenti occasionali ai quali svelare una piccola parte di sé. Trova conforto temporaneo in una mamma adottiva thailandese che la segue in tutti i suoi incontri infondendole coraggio o in un monaco di un tempio buddista che le dice: «Pensi troppo e non riesci a essere felice».
Amore e violenza sembrano essere un binomio inscindibile e necessario per Chantal. Sin da bambina l’affetto paterno per lei si è manifestato solo in una reiterata invadenza fisica che le ha reso impossibile amare come gli altri. Due figure genitoriali inadeguate le sue. Incapaci di ascoltare e dare le dovute attenzioni alla figlia. Un padre e una madre che parlano di lei con incomprensione e distanza e che non hanno mai chiesto scusa per quello che le hanno fatto subire.

Ciao amore, vado a combattere
Italia, Thailandia, Usa, 2016, 74'
Titolo originale:
Ciao amore, vado a combattere
Regia:
Simone Manetti
Sceneggiatura:
Alfredo Covelli, Simone Manetti
Fotografia:
Simone Moglie
Montaggio:
Alice Roffinengo, Giuseppe Trepiccione
Musica:
Francesco Motta
Cast:
Andrew Robert Thomson, Anissa Meksen, Benoit Mateu, Chantal Ughi
Produzione:
Meproducodasolo
Distribuzione:
I Wonder Pictures

È stata una modella. È stata un'attrice. Ora è una combattente.​ New York, 2008. Dopo la dolorosa rottura con il fidanzato, Chantal scopre nella Thai Boxe l’unico modo per sfogare la sua rabbia. Alla ricerca di una via di fuga, vola in Thailandia per alcune settimane: le settimane diventano anni, nel corso dei quali Chantal arriva a combattere sui ring più importanti del Paese e non solo, e a conquistare quattro titoli mondiali. I demoni del suo passato, però, non erano spariti: Chantal era soltanto riuscita a nasconderli. Oggi, a un anno dal suo ritiro, ha deciso di tornare in Thailandia per riconquistare la cintura di campionessa del mondo: ma stavolta, per vincere davvero, dovrà affrontare i suoi fantasmi.

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