Pietro Castellitto

I predatori

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Un’opera prima è un’impresa complessa e rischiosa. Alle spalle non c’è niente e tutto quel che occorre sapere arriverà con il senno di poi, guardando le cose con effetto retroattivo.

Di I predatori, l’esordio nel lungometraggio di Pietro Castellitto, si sa quel che in ogni recensione e articolo sembra non poter mancare, come gravosa informazione di partenza: Pietro è il figlio di Sergio Castellitto, cui somiglia nell’aspetto fisico davvero in modo impressionante, e Margaret Mazzantini. Questo tipo di riconoscibilità immediata è un vantaggio per spianare la strada a un debuttante sul grande schermo, ma anche e – in prospettiva – soprattutto una palla al piede difficile da rimuovere per un giovane autore che voglia seguire una strada sua.

La filmografia attuale come attore di Pietro Castellitto comprende tre film diretti dal padre e scritti dal padre a quattro mani con la madre, Non ti muovere, La bellezza del somaro e Venuto al mondo, e altri tre che invece disegnano un percorso autonomo, È nata una star? di Lucio Pellegrini, La profezia dell’armadillo di Emanuele Scaringi, tratto da Zerocalcare, e Freaks Out di Gabriele Mainetti.

A questo punto, il discorso su I predatori, per viaggiare lungo binari liberi, può proseguire con il genere di riferimento. E sia. Più che una commedia è una satira su un duplice spaccato di società italiana, una politicamente corretta e alto borghese, l’altra piccolo borghese e fortemente ancorata a destra. Il film non risparmia nessuno dei due poli dell’emiciclo antropologico e culturale nazionale. Non fa sconti ai giovani né i loro genitori, usa la filosofia e il rap come mazze da baseball, alterna affondi sul cinema, la medicina, l’università e la famiglia, tra i vari bersagli mirati. Il terzo indizio, più legato al recente passaggio festivaliero, nella sezione Orizzonti della Mostra di Venezia, è uno dei membri della giuria che gli ha assegnato il premio per la migliore sceneggiatura, Francesca Comencini che di quanto sia difficile andare avanti a prescindere da un cognome impegnativo ne sa qualcosa. Il quarto è lo stile complessivo del film che mette assieme una fitta rete di incroci narrativi dominati da un registro visivo straniante, in cui ogni inquadratura fa testo a sé, e una fitta rete di dialoghi. Il realismo è dunque bandito, a vantaggio dell’apologo. Non c’è dubbio.

La costruzione è estremamente sorvegliata nel puntare a un marcato effetto d’insieme sopra le righe. Ora, tutto questo può piacere o meno, rientrare in una strategia d’autore o risultare un sintomo preoccupante di eccedenza di spunti e contesti. Ma è presto, molto presto, per dire – su due piedi – quale direzione potrà prendere come regista Pietro Castellitto, a meno di non voler ancora spalmare sul suo inizio tutto il pregresso.

I predatori, che nasce peraltro sotto la stessa ala Fandango di Arance e martello di Diego Bianchi e Bangla di Phaim Bhuiyan, che scelgono altre angolazioni e spaccati sociali per osservare ugualmente l’Italia odierna con ironia, è dunque un oggetto anomalo, curioso, da decifrare. Nella buona come nella cattiva sorte ogni discorso che lo riguardi in modo addentrato risulterebbe al momento prematuro.

I predatori
Italia, 2020, 109'
Regia:
Pietro Castellitto
Fotografia:
Carlo Rinaldi
Montaggio:
Gianluca Scarpa
Musica:
Niccolò Contessa
Cast:
Anita Caprioli, assimo Popolizio, Dario Cassini, Giorgio Montanini, Giulia Petrini, Manuela Mandracchia, Marzia Ubaldi, Pietro Castellitto
Produzione:
Fandango, Rai CInema
Distribuzione:
01 Distribution

È mattina presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. È sempre mattina presto quando, qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia verrà lasciato fuori dal gruppo scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche. Due torti subiti. Due famiglie apparentemente incompatibili: i Pavone e i Vismara. Borghese e intellettuale la prima, proletaria e fascista la seconda. Nuclei opposti che condividono la stessa giungla: Roma. Un banale incidente farà collidere quei due poli. E la follia di un ragazzo di venticinque anni scoprirà le carte per rivelare che tutti hanno un segreto e nessuno è ciò che sembra. E che siamo tutti predatori.

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