Manoel de Oliveira

Il tempo si è fermato

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Il passato e il presente, ieri come oggi: da sempre il cinema di Manoel de Oliveira ha raccontato storie impossibili da collocare temporalmente, prive di un ordine cronologico, dove il ricordo si mescola all’attualità e le parole finiscono per essere l’unica (utopica?) chiave per poter stabilire quando ci troviamo.

D’altronde, che importanza può (non) avere il tempo per un regista che quest’anno, in dicembre, compirà 106 anni?

Per la sua ultima fatica, Gebo e l’ombra, ha preso spunto da una pièce del 1923 dello scrittore Raul Brandão, senza volerla attualizzare, ma lasciandola libera di vagare in uno spazio-tempo indefinito dove ogni coordinata non può che risultare superflua.

La pellicola, girata in lingua francese, racconta la drammatica vicenda di Gebo, un anziano contabile costretto ancora a lavorare per mantenere la moglie Doroteia e la nuora Sofia. Quando suo figlio João ritorna a casa, dopo aver passato diversi guai e diversi anni lontano dai suoi cari, il tranquillo ménage comincia a scricchiolare, dando spazio a un'interessante riflessione sui rapporti generazionali e sui drammatici stati d'animo di chi lotta per sopravvivere.

Alla sua veneranda età, de Oliveira, il più anziano regista in attività al mondo, conferma (se ce ne fosse bisogno) il suo grande talento visivo: le immagini, di chiara derivazione pittorica, sembrano infatti tanti tableaux vivants, i cui protagonisti vengono illuminati solo dalla fioca luce delle candele.

Rigoroso nella messinscena e saggiamente disinteressato a trasporre ai giorni nostri un racconto morale dei primi anni del ‘900, perfetto per ogni epoca passata o futuro, il film risente tuttavia di un'eccessiva impostazione teatrale che ne limita il valore cinematografico: d'altronde, chi è avvezzo al cinema recente dell'autore, sa bene che sono spesso i dialoghi l'elemento più importante delle sue opere. Basti ricordare Ritorno a casa del 2001, dove Michel Piccoli vestiva i panni di un attore shakespeariano, o Un film parlato del 2003, tutto giocato sulle differenze verbali tra le varie lingue dei partecipanti a una crociera.

Se il montaggio e le inquadrature, seppur studiate in ogni minimo dettaglio, possono sembrare (in apparenza) di facile realizzazione, assolutamente straordinario è il lavoro degli attori, vincolati spesso a recitare all'interno di piani-sequenza particolarmente lunghi, proprio come se si trovassero su un palcoscenico.

Il cast, assolutamente d'eccezione, annovera interpreti del calibro di Michael Lonsdale nei panni del padre di famiglia, Claudia Cardinale, l'attrice italiana preferita dal regista, in quelli di sua moglie e l'intramontabile Jeanne Moreau, in scena per alcuni minuti, che con i suoi 86 anni compiuti è sempre vivacemente attiva nel mondo del cinema. Anche per lei, come per il regista e per l’intera pellicola, sembra che il tempo si sia fermato. Quando si è fermato? Non ci è dato saperlo e probabilmente ha poca importanza.

 

Gebo e l'ombra
Francia, Portogallo, 2012, 95'
Titolo originale:
O Gebo e a Sombra
Regia:
Manoel de Oliveira
Sceneggiatura:
Raul Brandão, Manoel de Oliveira
Fotografia:
Renato Berta
Montaggio:
Valérie Loiseleux
Cast:
Leonor Silveira, Luís Miguel Cintra, Ricardo Trêpa, Bastien Guio, Jeanne Moreau, Claudia Cardinale, Michael Lonsdale
Produzione:
Instituto do Cinema e do Audiovisual (ICA), O Som e a Fúria, Centre National de la Cinématographie (CNC)
Distribuzione:
Mediaplex

Nella casa del vecchio Gebo si ritrovano diversi amici per discutere del mondo, un banchetto di quiete che potrebbe durare all'infinito. Il ritorno inatteso di João, figlio di Gebo che ha smarrito la retta via, sconvolge gli equilibri interni alla famiglia e provocherà serie conseguenze.

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