Dietrich Brüggemann

Involuzione innovativa

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Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mc, 15, 34)

Probabilmente mai come in questi anni i tempi stanno correndo freneticamente e sembra che niente e nessuno sia in grado di fermarli. L’unica soluzione per reggere il passo pare essere quella di assecondarli, a costo di rischiare la propria identità, per non sparire completamente.

Anche la religione non è esente da tale pressione, così come il cinema. Due sfere decisamente lontane e tuttavia accostate in maniera sorprendentemente naturale da Dietrich Brüggemann, il quale decide di realizzare una pellicola che racconti l’importanza del cambiamento attraverso una storia che nasce dalla tradizione (religiosa e cinematografica) e che di essa si nutre.

Kreuzweg - Le stazioni della fede racconta il Calvario (nel vero senso della parola) di un’adolescente cresciuta secondo un’educazione cattolica fondamentalista ancorata agli insegnamenti biblici basilari, priva dei cambiamenti apportati dal Concilio Vaticano II. Il regista decide di incastonare il racconto in uno stile (apparentemente) primordiale, attraverso quattordici lunghi piani sequenza realizzati a camera fissa (a parte un paio di eccezioni). Il cinema e la spiritualità sembrano essersi fermati ai loro albori: l’uno alle vedute statiche delle origini, l’altra ai dogmi della Chiesa fondata da Pietro. La frenesia, il cambiamento, la velocità dei giorni a noi contemporanei sono del tutto azzerati in nome di un ritorno alla tradizione che tuttavia, mai come ora, è carica di una portata innovatrice senza paragoni.

Lo scopo principale dell’autore è quello di mettere il pubblico nei panni di Dio. Il suo film è una metafora precisa e spietata di quello che è stato il percorso di Gesù verso la crocifissione. E non ci si riferisce solo alle quattordici tappe che costituiscono la via crucis (puntualmente chiamate in causa a scandire i capitoli della pellicola), quanto all’impossibilità di fare qualcosa per intervenire nella vicenda. Tutto è immobile e non c’è via di fuga, non c’è nessuna possibilità di azione. Attraverso una suspense perfettamente calibrata, Brüggemann costruisce un climax impossibile da sostenere: una giovanissima e innocente ragazza si avvicina frettolosamente verso un sacrificio che non le compete e lo spettatore non può far altro che assistere passivamente al macabro spettacolo messo in scena con una crudeltà tanto cinica quanto elementare.

Siamo costretti a subire il fascino di un cinema rigido, freddo e formale che rischia di non essere accettato perché non coerente con i tempi. Un ossimoro straziante e deprimente, per un'opera che rischia di non riceve l’accoglienza sperata. E ogni riferimento a qualsiasi creatore divino fattosi uomo non è puramente casuale.

 

 

 

Kreuzweg - Le stazioni della fede
Germania, Francia, 2014, 110'
Titolo originale:
Kreuzweg
Regia:
Dietrich Brüggemann
Sceneggiatura:
Dietrich Brüggemann, Anna Brüggemann
Montaggio:
Vincent Assmann
Cast:
Hanns Zischler, Ramin Yazdani, Georg Wesch, Franziska Weisz, Lea van Acken, Sven Taddicken, Florian Stetter, Birge Schade, Moritz Knapp, Michael Kamp, Anna Brüggemann, Lucie Aron
Produzione:
ARTE, Zweites Deutsches Fernsehen (ZDF), UFA Fiction
Distribuzione:
Satine Film

Con una chiave registica originale e una sceneggiatura avvincente, "Le Stazioni della fede", rappresenta la follia di tutti i fondamentalismi e offre uno sguardo nuovo su come l'arte, e in particolare la musica, si riveli essere potenzialmente l'unico vero strumento di salvezza.

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