Philippe Garrel

J'ai gardé les anges

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Tutte le volte che ho cercato di comunicare con qualcuno, l’amore è andato via. (La notte, Michelangelo Antonioni)

«E come sa ogni romantico che si rispetti, l’anima (spiritus, ruah, pneuma) non è altro, in sostanza, che aria; dunque è del tutto naturale che le perturbazioni dell’atmosfera si raccolgano in coloro che la respirano. E così, al di sopra e al di là delle componenti pubbliche – giorni festivi, attrazioni turistiche – vi sono meandri privati legati al clima, come se questo breve incantesimo fosse uno stretto nella fuga dell’anno; tempo instabile, amori inconcludenti, impegni imprevisti: mesi che si possono facilmente trascorrere in fuga, perché più tardi in questa città i venti, le piogge, le passioni di febbraio e quelle di marzo, stranamente non si ricordano più; come se non fossero mai esistite» (Entropia, Thomas Pynchon)

Ne La jalousie Louis lascia Clothilde, la donna con cui ha una figlia, Charlotte, per Claudia, suo nuovo amore, attrice in declino, volitiva e affascinante, che a sua volta lo abbandona per andare a vivere con un altro uomo.

La passione e la dedizione per il teatro – anche Louis è un attore che cerca, invano, di trovare ruoli dignitosi per la compagna – rimangono in secondo piano: anzi, i luoghi deputati all’arte diventano ambienti che mettono a rischio la relazione tra i due protagonisti. Louis bacia una collega dietro le quinte del palcoscenico al termine di uno spettacolo e tiene la mano a una sconosciuta durante una proiezione cinematografica: due possibili tradimenti (non consumati), che risultano meno “pericolosi” rispetto alla tensione che va a crearsi tra i due protagonisti, dal momento in cui Claudia sente crescere la frustrazione per la mancanza di lavoro e per una vita spesa in un angusto appartamento.

Non è il teatro, dunque, a salvare i due amanti - così come non erano il cinema o la pittura a salvare la coppia composta da Frédéric e Angèle in Un été brûlant (2011): piuttosto li mettevano in scacco, svelandone contraddizioni e ambiguità. Anche la politica è scomparsa in quest’ultimo film, ma già nel precedente era ridotta a qualche frase sparsa qua e là, priva di azione concreta.

Cosa resta, quindi, se oggi sia l’arte che la politica sono diventate inaccessibili? Resta l’amore, certo, ma è sempre più sfuggente. È ancora possibile parlare dell’amore, comunicarlo? O anche il linguaggio amoroso ha perso significato, come già l’arte e la politica? «Ti amo, ed è definitivo» dice Louis a Claudia. Ma non è più tempo. Quella parlata da Louis è una lingua di un’altra epoca, che arriva da un altrove – l’episodio messo in scena è, in realtà, la vicenda del padre di Garrel, Maurice, che a trent’anni lasciò la madre di Philippe per andare a vivere con un’altra donna. E non è colpa di Louis o di Claudia se oggi quella lingua e quell’amore sono impossibili.

Garrel non vede nel presente una colpa individuale e non si erge a “vecchio saggio” o, peggio, a “maestro” che guarda con disprezzo la società odierna. Li osserva, piuttosto, con comprensione e tenerezza, consapevole che, come dice proprio Maurice al nipote Louis (Frédéric) nella sequenza finale, assai toccante, di Un été brûlant: «E la fortuna. Esiste la fortuna», raccontando di quando, durante la guerra, una pallottola dei tedeschi si era conficcata nel meccanismo della sua carabina, che gli aveva fatto da scudo. «La nostra vita dipende da un nulla, da una piccola cosa». «Vedi, io non ho avuto una carabina che mi ha salvato. E non me la caverò come te», risponde Louis-Frédéric, che ha tentato di suicidarsi dopo che Angèle lo ha lasciato. Il nonno, la sua generazione, hanno avuto delle possibilità che il nipote e i suoi coetanei non hanno più. Non è una colpa. Forse è una questione di fortuna, come dice Maurice. O forse, semplicemente, la Storia è andata in un’altra direzione.

Se ne Les amants réguliers (2005), ambientato nel maggio del ’68, il suicidio di François (sempre Louis Garrel), poeta impegnato politicamente, aveva ancora un senso – il dolore per il fallimento politico, artistico e amoroso (Lilie, una scultrice militante, con cui ha una storia d’amore, parte per gli Stati Uniti con un altro uomo per proseguire là la sua carriera artistica) – oggi non lo ha più.

Il tentato suicidio de La jalousie è fallimentare. E la vita scorre. A un amore ne segue un altro. Claudia ha preso il posto di Clothilde, Henri quello di Louis. Di nuovo, se l’esistenza prosegue comunque, nonostante tutto, se la politica, l’arte, l’amore non sono più definitivi, cosa rimane? «Credi ancora in Dio? No, ma ho mantenuto gli angeli». Se «le passioni di febbraio e quelle di marzo, stranamente non si ricordano più; come se non fossero mai esistite», rimangono però gli angeli, ossia la sorella Esther (a sua volta figlia di Philippe), e Charlotte, la figlia.

È Esther che va dal fratello al suo capezzale. Ed è sempre lei con la bambina a portare Louis, ancora in convalescenza, al parco, scherzando teneramente e offrendogli noccioline, che la bimba sguscia e porta alla bocca dell’uomo. In uno strano cortocircuito in cui il padre e il figlio del regista diventano la stessa persona e Esther è la vera sorella di Louis, angeli e fantasmi si mescolano, amorevolmente: sono forse loro gli scudi che proteggono il protagonista - e il regista - nella sospensione in cui ormai si muovono le esistenze di ognuno. E Garrel ne prende atto, senza moralismi, ma con dolcezza, accarezzando i volti dei suoi protagonisti con lo stesso affetto con il quale la bambina porge il cibo alle labbra del padre. 

La gelosia
Francia, 2013, 77'
Titolo originale:
La jalousie
Regia:
Philippe Garrel
Sceneggiatura:
Marc Cholodenko, Caroline Deruas-Garrel, Philippe Garrel, Arlette Langmann
Fotografia:
Willy Kurant
Montaggio:
Yann Dedet
Musica:
Jean-Louis Aubert
Cast:
Jérôme Huguet, Manon Kneusé, Eric Ruillat, Robert Bazil, Jean Pommier, Julien Lucas, Esther Garrel, Arthur Igual, Rebecca Convenant, Olga Milshtein, Anna Mouglalis, Louis Garrel
Produzione:
Integral Film, SBS Productions
Distribuzione:
Movies Inspired

Un trentenne vive in affitto, con una donna, in un miniappartamento ammobiliato. Stanno vivendo una storia d’amore. L’uomo ha una figlia nata da una relazione con un’altra donna che poi lui ha lasciato. Naturalmente egli vede la figlia, la cui madre, tuttavia, vive da sola con la bambina e deve lavorare per mantenerla perché il suo ex non le passa niente. L’uomo, che fa l’attore – attore di teatro – è a sua volta molto povero. E ora è follemente innamorato della nuova compagna, anche lei attrice, ma senza lavoro. Un tempo la donna era una stella nascente, ma le offerte di ruoli sono poi venute a mancare. L’uomo fa l’impossibile per procurarle una parte, ricorrendo alle sue conoscenze nell’ambiente. Ma tutto è inutile. La donna, intanto, lo tradisce. Viene a trovarlo nel miniappartamento, poi dice di non sopportare più quel luogo e se ne va. L’uomo si spara un colpo al petto, ma la pistola gli sfugge di mano e, invece di colpire il cuore mortalmente, la pallottola gli perfora il polmone sinistro. All’ospedale giunge la sorella a fargli visita e rimane accanto a lui. È questa sorella tutto ciò che gli rimane. Questa sorella e il teatro.

 

 

 

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