Gerard McMurray

La prima notte del giudizio

film review top image

Fin dal suo avvio nel 2013, il fortunato ciclo action-horror concepito da James DeMonaco e prodotto da James Blum e Michael Bay si è sempre dimostrato più interessante sulla carta che non nel suo effettivo svolgimento. Colpa di un assunto stimolante capace di far leva, aggiornandoli e in parte ricodificandoli, sugli immaginari già consolidati dell’home invasion e delle guerriglie urbane (da Distretto 13 a 1997: fuga da New York, passando per I guerrieri della notte), ma mal sorretto da un impianto narrativo fragile e ripetitivo, per quanto camuffato con un’estetica accattivante.

E questo nonostante l’indubbia efficacia e puntualità con cui la lettura socio-politica di un’America democratica al tramonto, che inesorabilmente stava per lasciare il passo alla corrente repubblicana più reazionaria e suprematista, legittimata una volta per tutte dall’ascesa della presidenza Trump e degenerata in tragici episodi di violenza come durante la manifestazione di Charlottesville, da distopia si è trasformata in realtà.

Finora il film più esplicitamente politico della Notte del giudizio era stato il terzo, Election Year (2016), con il partito ultraconservatore e totalitario New Founding Fathers of America's (NFFA) – promulgatore della purga che per dodici ore consecutive all’anno legalizza ogni tipo di reato come antidoto alla criminalità e alla sovrappopolazione della nazione – schierato in prima linea e deus ex machina di un clima di campagna elettorale che guardava tutt’altro che velatamente alla guerra senza quartiere in vista delle presidenziali tra Trump e Hillary Clinton, portandola all’estremo.

Ma ora La prima notte del giudizio, retrocedendo cronologicamente di qualche anno, racconta genesi e dinamiche della prima purga, svoltasi in via sperimentale entro i confini del distretto di Staten Island per poi essere applicata a tutti gli Stati Uniti dall’anno successivo, nel caso avesse incontrato un’ampia partecipazione da parte dei cittadini. Il progetto, che trova giustificazione sociologica negli studi della ricercatrice (Marisa Tomei) che l’ha teorizzata e poi venduta al partito neonazista come possibile soluzione al calo di consensi da parte dei suoi elettori, si ripercuote sul ceto più basso della popolazione, afflitto dalla fame e da condizioni di vita precarie e per questo facilmente comprabile con i cinquemila euro devoluti a tutti coloro che accettano di non lasciare le proprie case durante la notte della purga. Le cui conseguenze – a questo stadio – sono ancora un’incognita.  

Eppure il popolo, al di là di qualche mela marcia che non vede l’ora di sfogare sul prossimo frustrazioni e rabbia a lungo trattenute, non è cattivo. Lo dimostra il fatto che, con grande disappunto dei politici (loro sì cattivi, anzi, spietati), ne approfitta per organizzare dei party carnevaleschi e dissoluti per le strade di Staten Island, certo, per una notte, di non infrangere alcuna regola. Ed è qui che, come in ogni buona dittatura che si rispetti, i gerarchi inviano sotto mentite spoglie delle truppe di paramilitari e gruppi di mercenari ultranazionalisti col compito di scatenare il caos, avviando quel processo di mattanza collettiva e distruzione che, contro le aspettative iniziali, non ci si decide a innescare. Dopodiché è la volta delle fake news sui notiziari nazionali che avvallano la tesi secondo cui la purga non solo funziona, ma è necessaria.

La prima notte del giudizio è stato scritto come sempre da James DeMonacao, il quale però ha poi preferito lasciare il testimone della regia a Gerard McMurray, cineasta black militante, tra i produttori di Prossima Fermata Fruitvale Station di Ryan Coogler e poi regista di Burning Sands: Il codice del silenzio, incentrato sui fenomeni di violenza e omertà tra le confraternite collegiali di colore.

Non è un caso, allora, se anche questo prequel della Notte del giudizio abbia per protagonista un gruppo sfaccettato di appartenenti alla comunità black di Staten Island capitanati da una parte dal leader di una gang di spacciatori di quartiere, dall’altra dalla sua ex divenuta pacifista militante.

Certo, siamo al di sotto dello spessore allegorico e della forza anarchica dirompenti di un’altra produzione Bloomhouse come Get Out - Scappa, ma oltre a qualche momento action particolarmente azzeccato (in particolare nella seconda parte del film) La prima notte del giudizio ha il pregio, grazie al contributo politicamente schierato di McMurray, di essere il capitolo più coinvolgente e riuscito all’interno di un franchise discontinuo che fino a oggi non aveva ancora sfruttato appieno il suo potenziale.

La prima Notte del Giudizio
USA, 2018, 97'
Titolo originale:
The First Purge
Regia:
Gerard McMurray
Sceneggiatura:
James DeMonaco
Fotografia:
Anastas N. Michos
Montaggio:
Jim Page
Musica:
Kevin Lax
Cast:
Joivan Wade, Lex Scott Davis, Luna Lauren Velez, Maria Rivera, Marisa Tomei, Melonie Diaz, Mo McRae, Patch Darragh, Steve Harris, Y’Lan Noel
Produzione:
Blumhouse Productions, Perfect World Pictures, Platinum Dunes
Distribuzione:
Universal Pictures

Per abbassare il tasso di criminalità al di sotto dell'uno per cento nel resto dell'anno, i nuovi Padri Fondatori d’America (NFFA) testano una teoria sociologica che lascia sfogare l'aggressività per una notte in una comunità isolata. Ma quando la violenza degli oppressori incontra la rabbia degli emarginati, il contagio esploderà dai confini della città di prova e si diffonderà in tutta la nazione.

poster