Luca Miniero

La mafia fa ridere?

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In principio c'era il trailer: una bambina accanto a un camorrista e un orsacchiotto impiccato perché, si dice nella scena, "aveva fatto l'infame". Una scena andata in onda in televisione come strategica operazione di marketing per promuovere il film di Luca Miniero Un boss in salotto. Gli infami sono i pentiti di mafia, i collaboratori di giustizia, che nel gergo dei clan hanno tradito l'onore. Non è un caso che questo spot abbia scatenato un acceso dibattito tra coloro che dedicano quotidianamente la propria vita a contrastare le mafie. 

La scena in effetti non rende giustizia alle intenzioni del film, che ancora prima di essere uscito in sala è stato tacciato come diseducativo e superficiale per aver banalizzato la figura del criminale mafioso. In realtà Un boss in salotto, pur essendo una "cinepastiera", come l'ha definita Miniero, riesce a distinguere in modo chiaro la parte giusta da quella ingiusta, salvo sparigliare le carte sul finale. 

Come i precedenti film di Miniero (Benvenuti al Nord e Benvenuti al Sud) anche questo gioca sugli stereotipi tra meridione e settentrione. Racconta di una famiglia borghese del nord Italia che improvvisamente si trova tra capo e collo, nell'ordinata villetta, il fratello di lei, camorrista in attesa di giudizio (Rocco Papaleo). Il criminale viene dipinto come un mostro in un contesto comico. La sorella Cristina/Carmela (Paola Cortellesi) è moglie e madre per bene, disprezza il fratello e ha cancellato le origini napoletane per parlare in dialetto veneto. Suo marito Michele Coso (Luca Argentero) è schifato dai metodi mafiosi del cognato, mentre i ragazzini sembrano subirne il fascino. In questo contesto, a tratti divertente ma semplicistico, viene messa in ridicolo la famiglia (Alex/Alessandro Besentini e Angela Finocchiaro) del capo di Coso, che pur di salvare l'azienda immobiliare di famiglia farebbero di tutto per scendere a patti con la camorra. 

Trattare il tema della mafia al cinema è difficile e ci vuole delicatezza. Il rischio maggiore è la banalizzazione, buttando tutto in burletta, avallando il concetto che, tutto sommato, non è così grave; oppure si rischia di edulcorare il personaggio del mafioso trasformandolo in un eroe, in un modello da seguire. In altri casi, invece, le buone intenzioni sulla carta non sono supportate da un'eguale capacità di realizzazione. Un boss in salotto fatica a soddisfare l'intento per troppa leggerezza mal governata

Leggerezza utilizzata invece in modo efficace e intelligente da Pif nel suo film d'esordio La mafia uccide solo d'estate. Un film rivolto a tutti e in grado di raccontare episodi importanti della storia italiana, in cui la mafia ha fatto stragi e ucciso magistrati, si è infiltrata nella politica ed è scesa a trattative con lo Stato. La leggerezza di Pif è quella che può avere lo sguardo di un bambino che è cresciuto in quel contesto, nella Palermo degli anni '80 e '90, e che non ha mai smesso di interessarsi a questi temi. 

La mafia uccide solo d'estate è un film necessario, prima di tutto per chi lo ha realizzato. Pierfrancesco Diliberto arriva dall'esperienza televisiva Le Iene e Pif Il Testimone e l'idea di fare cinema è strettamente legata all'argomento. La chiave leggera non è mai improvvisata e si amalgama perfettamente con i momenti che esigono serietà e fermezza. La comicità viene messa al servizio di una narrazione documentata e incisiva. Dettaglio non indifferente è la scelta di Pif di girare a Palermo senza sottostare a regole mafiose, evitando di far lavorare nel film i "soliti noti" proposti alle produzioni cinematografiche che scelgono Palermo come set dei propri film. 

@chassisradiopop

Un boss in salotto
Italia, 2014, 90'
Regia:
Luca Miniero
Sceneggiatura:
Luca Miniero
Montaggio:
Valentina Mariani
Musica:
Umberto Scipione
Cast:
Luca Argentero, Paola Cortellesi, Rocco Papaleo, Angela Finocchiaro, Ale, Franz, Marco Marzocca
Produzione:
Cattleya
Distribuzione:
Warner Bros. Italia, Umberto Scipione

Cristina (che di vero nome fa Carmela) si è trasferita al Nord dove conduce una vita perfetta con una famiglia organizzata e perfetta. Tutto vacilla però quando il fratello Ciro, presunto camorrista, viene  condannato agli arresti domiciliari e chiede di poter trascorrere quel periodo ospite a casa sua. L'arrivo dell'incombrante Ciro travolgerà non solo Cristina ma tutta la sua irreprensibile quotidianità.

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