Bennett Miller

La purezza perduta

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“E’ come il wrestling”: nel gergo sbrigativo degli appassionati di sport, l’espressione rimanda ad una competizione falsa, stucchevole nella sua appariscenza a buon mercato. “E’ come il wrestling” è l’epiteto che rifili alla partita di calcio dove hai l’impressione che l’arbitro abbia aiutato i più forti oltre ogni decenza, una forma stenografica buona per i momenti in cui lo sport ci appare corrotto nelle fondamenta, nei suoi valori di base: agonismo, onestà, rispetto dell’avversario e delle regole. Eppure la parola wrestling, prima che il circo dello spettacolo vi piantasse le sue tende, faceva riferimento ad una disciplina olimpica nobile e antica: due lottatori su una pedana, ciascuno proteso nello sforzo di abbattere ed immobilizzare l’altro.

Il fascino malinconico di Foxcatcher sta qui, nella dolorosa consapevolezza di qualcosa di puro che oggi abbiamo smarrito, che ha dovuto cedere il passo alla legge dell’istrionismo e della fascinazione spettacolare. Nel passaggio dalla lotta (olimpica) al wrestling (televisivo) è all’opera un processo di corruzione etica di cui il film di Miller prova a rintracciare l’origine, andando a riesumare una storia vera, lo strano rapporto fra un campione olimpico di lotta, Mark Schultz, e un miliardario americano appassionato di questo sport, John Du Pont.

In principio il protagonista, pur avendo già vinto un oro olimpico, conduce una vita austera, junk-food e allenamenti, almeno fino a quando nella sua vita irrompe improvvisamente il miliardario, che in forza della sua sconfinata ricchezza lo trasferisce nella propria tenuta e gli sovvenziona la preparazione atletica. Lungi dall’essere un demone corruttore, DuPont vede a sua volta nella lotta qualcosa di puro, capace di riportare l’America ai quel connubio di combattività e onestà che pare avere perso per strada.

E paradossalmente è proprio questo elemento a dare forza al film: nulla di mefistofelico nel personaggio del magnate, solo una sorta di sfibrata riluttanza a cambiare il corso delle cose, ad opporsi alla dinamica del denaro e del potere, che sembra guastare le cose con sinistra e silenziosa inevitabilità, quasi a dispetto della volontà degli uomini, sopra le loro teste.

La ricchezza, nella famiglia DuPont, ha guastato la scena prima ancora che Schultz vi faccia la sua comparsa, dunque la storia non può che essere quella di una discesa agli inferi, che la regia di Miller registra con implacabile imperturbabilità, un campo lungo dopo l’altro, facendo implodere la tragedia tra le mille stanze della villa del magnate. Corroso dal denaro, lo sport si polverizza gradualmente, sino a quando l’antagonismo tra due uomini si risolve non in un combattimento leale ma con un colpo di arma da fuoco.

Messi in fila, Foxcatcher, Nebraska e Wolf of Wall Street formulano un trittico di agghiacciante efficacia sui guasti prodotti dalla ricchezza e dal denaro; quasi a dire che l’America non è stata ferita dal rumore assordante di un aereo che si schianta contro un grattacielo, ma dal frusciare invitante delle banconote che si accumulano l’una sull’altra.

 

 

Foxcatcher - Una storia americana
USA, 2014, 134'
Titolo originale:
Foxcatcher
Regia:
Bennett Miller
Sceneggiatura:
E. Max Frye, Dan Futterman
Fotografia:
Greig Fraser
Montaggio:
Jay Cassidy, Stuart Levy, Conor O'Neill
Musica:
Rob Simonsen
Cast:
Steve Carell, Channing Tatum, Mark Ruffalo, Sienna Miller, Vanessa Redgrave
Produzione:
Annapurna Pictures, Likely Story, Media Rights Capital
Distribuzione:
Bim

Ispirato a fatti realmente accaduti, FOXCATCHER - Una storia americana racconta la fosca e affascinante storia dell'improbabile e sostanzialmente tragico rapporto tra un eccentrico miliardario e due campioni di lotta libera. 

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