John Madden

Miss Sloane - Giochi di potere

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«Know your subject, people», rimprovera Sloane ai suoi collaboratori, ribadendo i toni didascalici di un film moralmente saldo che, tuttavia, non si astiene dall'aperta condanna dei rischi di un decadimento – o, nelle parole etimologicamente consapevoli di Dupont, di un vero e proprio "annichilamento" – della democrazia.

La morale è che un sistema malato («rotten», come si sente dire) non ha storia. Il paladino delle armi da fuoco Bill Sanford vuole «cambiare narrazione», e pare quasi riuscirci, in una struttura che ricalca il gioco di foresight dei lobbisti.

Perché di questo si tratta: previsione, e anticipazione dell'avversario. È il ritornello di Elizabeth Sloane (Jessica Chastain), annunciato nella scena d’apertura con uno sguardo in macchina che strizza l'occhio allo spettatore e lo chiama con gli altri personaggi – poco più che burattini nelle mani della lobbista – a far parte di un piano scaltro e per lunghi minuti abilmente camuffato. È quello sguardo – un azzardo – complice e sicuro, la chiave del film.

Perché in Miss Sloane, dove le parole si svuotano del proprio significato comunicativo e si scollano dall'azione concreta, colpevoli coscienti di spergiuro nell'inchiesta come nei flashback, solo l'occhio è idoneo a vedere e mostrare la verità. Un occhio che, ancora, più o meno direttamente, coincide con quello della protagonista: l'occhio della sorveglianza illecita, il riflettore puntato su Esme Manucharian alla svolta dei giochi, la vista attenta capace di leggere il labiale del legale attraverso la vetrata… Lo sguardo in macchina di Elizabeth Sloane diviene non più solo vocativo, ma una esplicita richiesta di adesione al proprio punto di vista, con la promessa – malgrado qualche difficoltà di identificazione nel personaggio – di una ricompensa che coincide, alla fine dei conti, con il (salato) trionfo della verità.

In Miss Sloane i temi delle armi e della violenza, punti focali della battaglia tra conservatori e opposizione, fa da sfondo e alimenta le controversie sul valore della libertà, concetto ormai astratto e falsamente utopico perché troppo spesso preteso come assoluto. Connotati di questo ideale impraticabile sono, paradossalmente, gli emendamenti della Dichiarazione dei diritti americana, oggetti del dibattito televisivo tra Sloane e Connors. Nulla è inalienabile, infatti, sostiene la lobbista, che rimane fedele al proprio pensiero sia mettendo in discussione il secondo emendamento nella lotta per il fittizio Heaton-Harris Bill (che somiglia molto al reale ma fallito Manchin-Toomey), sia rinunciando alla facile protezione del quinto punto della Dichiarazione di fronte allo smanioso senatore Sperling («Miss Sloane, welcome to the party»…).

L’ideale della libertà, così fermamente difeso dai conservatori, si rivela poi molto più complesso della sua ovvia e fallace applicazione nel Bill of Rights americano. Ed è nella sua accezione più ampia che le contraddizioni implicite nei discorsi di Connors e del resto della Cole Kravitz & Waterman vengono alla luce. Libertà è infatti incompatibile con l'assurdo piano di manipolazione psicologica dell'elettorato femminile promosso da Sanford e dai lobbisti di destra. In questo modo, il film si propone di denunciare non solo il problema sempre più urgente delle armi, ma in maniera più implicita una condizione reale ed esistente della donna – nella società come nella vita privata – vittima di una violenza dilagante sì fisica, ma anche psicologica e verbale. E, più cinicamente, l'accusa di un sistema che in definitiva continua a essere carnefice della libertà femminile.

Alla proposta di un vero e proprio lavaggio di cervello dell'elettorato femminile, la risata isterica di Miss Sloane non è sufficiente a mettere a tacere lo spirito misogino che traina le decisioni reazionarie di Sanford e dei suoi uomini. La replica più efficace sta nel modello offerto dal personaggio stesso della Chastain, incarnazione dell'ideale di donna impegnata nella carriera politica, dall'ingegno nettamente superiore, nonché completamente indipendente da qualsiasi legame (il "Miss" del titolo non potrebbe parlare più chiaro) Al tempo stesso, Miss Sloane non aderisce nemmeno allo stereotipo del pensiero femminista tradizionale, dal momento che pare venire identificata come essere androgino – o, più radicalmente, come figura prettamente maschile a cui "manca solo il pene"… E al di là di una protagonista femminile che recupera precedenti mediali importanti (da Eleanor Prentiss Shaw di The Manchurian Candidate a Claire Underwood di House of Cards), il film presenta almeno altre due figure femminili essenziali (per il gioco di Sloane e la sua stessa struttura narrativa): Esme e Jane, entrambe donne giovani, forti e ambiziose.

In un mondo in cui tutti hanno un prezzo, dal ragazzo escort della lobbista al senatore capace di vendere un ideale per la carriera, pare anzi che gli unici a essere forniti degli strumenti di difesa contro la corruzione del sistema siano proprio i personaggi femminili.

Questa, dunque, la sentenza finale del film, cui, conclusa l'udienza, fa eco il biglietto di Schmidt arrivato nelle mani di Connors: «Non si può contare solamente sulla propria capacità di vincere».

Miss Sloane - Giochi di potere
Francia,Usa, 2017, 132'
Titolo originale:
Miss Sloane
Regia:
John Madden
Sceneggiatura:
Jonathan Perera
Fotografia:
Sebastian Blenkov
Montaggio:
Alexander Berner
Musica:
Max Richter
Cast:
Alison Pill, Douglas Smith, Dylan Baker, Gugu Mbatha-Raw, Jake Lacy, Jessica Chastain, John Lithgow, Mark Strong, Michael Stuhlbarg, Sam Waterston, Sam Waterston
Produzione:
Archery Pictures, EuropaCorp, FilmNation Entertainment, France 2 Cinéma
Distribuzione:
01 Distribution

Una donna in carriera propone una nuova legge sul controllo delle armi ma non sa che dovrà affrontare spietate lobby di potere.

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