Steven Knight

Serenity - L'isola dell'inganno

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Serenity è un film d'altri tempi, quando il noir patinato con star incrociava lo psico-thriller tutto colpi di scena e svolte improbabili. Un fallimento che fa pensare, sì, a un film con Matthew McConaughey, ma di quelli che l’attore girava quindici e più anni fa… La poco fortunata storia distributiva, poi, con la compagnia Aviron che si è rifiutata di sovvenzionare la campagna promozionale dopo le bocciature ai test screening, decidendo di “limitare i danni” in anticipo su un flop annunciato, ne ha ucciso la vendibilità, relegandolo a uscite marginali nonostante l'importanza del cast artistico e creativo.

Eppure Steven Knight è uno degli sceneggiatori più importanti dell'industria anglosassone. Senza nessuna particolare vetta autoriale ha portato avanti una carriera al servizio della scrittura su commissione, alternando nel suo lavoro almeno due direzioni: la narrazione classica del crime-drama (la serie Peaky Blinders) e la scrittura “sperimentale” fatta di gimmick e rottura delle convenzioni (il lavoro con Cronenberg per lo script La promessa dell’assassino, la regia Locke). Con Serenity queste due direzioni si sono però scontrate clamorosamente, con il noir classico alla James Cain che ha cozzato contro la sci-fi sperimentale anni '90...

Il problema, naturalmente, risiede nella maniera in cui questi due generi non si sono amalgamati. Perché finché Serenity resta ancorato agli stilemi del giallo, pur abusando in personaggi prevedibili (Djimon Honsou magical negro, Diane Lane amante dal cuore d'oro…), riprende modelli consolidati e ancora affascinanti: l’epica hemingwayana (Avere e non avere, oltre all'ovvio Il vecchio e il mare interpretato da Matthew McConaughey), collaudate meccaniche figlie di Hitchcock e forse Welles (La signora di Shangai, con Anne Hathaway bionda), pure qualche soluzione narrativa facilona.

Nel momento, però, in cui irrompe la svolta sci-fi il film cambia forma. Il twist è presentato in maniera prevedibile e ogni progressione logica negli eventi salta o scade nell’incomprensibile. I ribaltamenti psicologici (cosa è reale, cosa no? A chi credere, a chi no?) sono più un punto critico che un valore aggiunto, ed è facile immaginare la maniera in cui il twist (più grottesco che sconvolgente) abbia suscitato l'ilarità popolare nelle proiezioni di prova.

L'idea su cui si fonda il film è fragile, e gli sviluppi nonsense ne sono la naturale conseguenza. Knight preferisce rimanere sui territori convenzionali di un nuovo Truman Show, anziché provare a confrontarsi con suggestioni cyber-punk più complesse (eppure collegamenti con Mamoru Oshi o Willian Gibson sarebbe facile trovarli). Alla fine Serenity resta diviso in due film, incapaci di dialogare o completarsi. E il più forte dei due (il thriller patinato da spiaggia) è il peggiore, quantomeno coerente rispetto alla delirante svolta fantascientifica, completamente fuori dalle corde del suo autore.

Serenity – L'isola dell'inganno
Usa, 2019, 106'
Titolo originale:
Serenity
Regia:
Steven Knight
Sceneggiatura:
Steven Knight
Fotografia:
Jess Hall
Montaggio:
Laura Jennings
Musica:
Benjamin Wallfisch
Cast:
Anne Hathaway, Diane Lane, Djimon Hounsou, Garion Dowds, Jason Clarke, Jeremy Strong, Kenneth Fok, Matthew McConaughey, Robert Hobbs
Produzione:
Global Road Entertainment, IM Global, Shoebox Films, Starlings Entertainment
Distribuzione:
Lucky Red, Universal Pictures

Baker Dill si è lasciato il passato alle spalle e si è trasferito in un'isola tropicale per iniziare una nuova vita. La sua esistenza di pescatore di tonni viene però sconvolta dall'arrivo dell'ex moglie e dalla richiesta d'auto della donna: uccidere il suo violento e sadico marito. Baker dovrà fare i conti con pensieri che credeva sepolti e con una verità ancora da scoprire.

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