Mimi Leder

Una giusta causa

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Inizia nel 1956 e finisce nel 1970, la porzione della vita di Ruth Bader Ginsburg (una tra le prime donne a far parte della Corte Suprema degli Stati Uniti) raccontata in Una giusta causa: dall’ingresso alla facoltà di legge di Harvard insieme ad altre sole nove donne, alla gestione di un caso di discriminazione di genere per combattere e dimostrare il forte, e mascherato, maschilismo della società americana.

Come sostiene infatti la stessa Ginsburg di fronte alle sue studentesse, la discriminazione esiste ed è addirittura legale. Esistono leggi e rispettive applicazioni che agiscono sulla base del sesso (come recita il titolo originale: On the Basis of Sex). Attorno a questo concetto si sviluppa il film: una rappresentazione della vita della Ginsburg, la sua ricerca di guadagnarsi “un posto tra gli uomini”, insistendo sulla centralità del ruolo della donna e lottando per la parità dei sessi, ridefinita come parità di genere.

Una giusta causa, proprio riguardo alla questione della parità di genere, cerca di essere equamente distribuito, rischiando di cadere nella banalità di una correttezza insistente e di un equilibrio forzato. Non prende mai una vera posizione, salvaguarda l’idea di parità assoluta senza mai metterla in discussione o approfondirla, tanto quanto quella legge, che la protagonista voleva combattere, salvaguardava retoricamente le donne.

Negli ultimi ann questione di genere è stata ampiamente sfruttata dal cinema, ma non per questo si può dire che abbia perso appiglio, interesse o necessità di esistere. Esempi recenti come La favorita o Suspiria rilanciano le figure femminili verso nuove prospettive autoriali, così come avviene nel cinema di genere con le rivincite delle donne di Revenge o Assassination Nation. Questi film, certo, vivono del coraggio e della loro forza anticonformista, caratteri totalmente estranei a questo film; ma cercando di essere più pertinenti rispetto al genere biografico, un prodotto come Una giusta causa ha poco o nulla in comune sia con operazioni intellettauli come Jackie sia con memoir pieni di umanità e sentimento come Le donne della mia vita.

Il film di Mimi Leder non riesce a restituire l’opera al soggetto da cui è tratta: è troppo esplicitamente orchestrato e propone una fotografia dai colori pastello che rispecchia l’intreccio più con l’epoca in cui è ambientata (o con i vestiti della Ginsburg), che con la vicenda in sè. La vita di Ruth Bader Ginsburg è raccontata con attenzione e cura del dettaglio, ricorrendo anche a un linguaggio giuridico specifico, ma è abbellita, epicizzata e vittima di superficialità che riguardano il conflitto con la figlia o la malattia del marito, quasi mai presa in considerazione).

Restano gli attori, Felicity Jones e Armie Hammer, le belle parole romantiche che annebbiano gli ideali; la retorica e gli stereotipi che rendono più tollerabili le questioni di genere...

Una giusta causa
Usa, 2019, 120'
Titolo originale:
On the Basis of Sex
Regia:
Mimi Leder
Sceneggiatura:
Daniel Stiepleman
Fotografia:
Michael Grady
Montaggio:
Michelle Tesoro
Musica:
Mychael Danna
Cast:
Armie Hammer, Cailee Spaeny, Felicity Jones, Francis X. McCarthy, Justin Theroux, Kathy Bates, Sam Waterston, Stephen Root
Produzione:
Participant Media, Robert Cort Productions
Distribuzione:
Videa

Nel 1956, Ruth Bader Ginsburg entra insieme ad altre sole nove donne nel corso di Legge dell’Università di Harvard. Eppure, una volta terminati gli studi, e nonostante il suo talento, viene rifiutata da tutti gli studi legali in quanto donna. Sostenuta dall’amore del marito Martin Ginsburg e dall’avvocato progressista Dorothy Kenyon, Ruth accetta un controverso caso di discriminazione di genere. Contro il parere di tutti, Ruth vinse il processo, determinando un epocale precedente nella storia degli Stati Uniti sul fronte della parità dei diritti. Un tributo a una delle figure più influenti del nostro tempo, seconda donna a essere nominata Giudice alla Corte Suprema; un omaggio a tutte le donne, un invito a non farsi sopraffare.

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