Makoto Shinkai

Your Name.

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Mitsuha e Taki conducono vite opposte, l’una nel tempio del piccolo villaggio montanaro Itomori e l’altro nel caos metropolitano di Tokyo. Ma le loro esistenze sono destinate a intrecciarsi, le loro voci a convergere nell’inspiegabile fenomeno dello scambio di corpi. Ciascuno dei due protagonisti è catapultato nella vita dell’altro ritrovandosi letteralmente a vestirne i panni, in un lungo viaggio che troverà il proprio compimento nella scoperta di sé e dell’altro, e nella conoscenza di un amore puro.
Nell’ultimo film di Makoto Shinkai, ormai ufficialmente incoronato a erede intellettuale di Hayao Miyazaki, il topos classico della metempsicosi – trasferimento dell’anima da un corpo ad un altro – è a servizio di una storia che ardisce al di là della mera esistenza terrena.
Una favola trainata dal più romantico sentimento di sublime – quello, cioè, che rapisce e ammalia in quanto ineffabile.

E una narrazione costruita sull’ossimoro. Maschio e femmina, grande metropoli e piccolo villaggio, memoria e oblio, sogno e realtà, tradizione e modernità: è l’esperienza dell’opposto, del diverso da sé, a tirare le fila di un racconto che coincide, come nei precedenti film dell’autore, con la ricerca. Di qualcosa, o forse di qualcuno, i protagonisti non ne sono sicuri – ma certamente, e prima di tutto, della propria identità.
I personaggi che Shinkai sembra prediligere sono, d’altra parte, ragazzini alle prese con le insicurezze e le turbolenze dell’adolescenza, che è indagine di sé per definizione.
L’assidua ricerca che accomuna Taki e Mitsuha, e il loro viaggio – altro motivo caro all’autore – si caricano di una forza e un’energia tali da aggiudicarsi lo status di pulsione. Un bisogno, un’urgenza che è allo stesso tempo naturale e incomprensibile, universale e unica. E il cui esito dipende dall’esperienza e dalla comprensione del diverso: un altro corpo e un’altra esistenza.

Il surreale fenomeno che i protagonisti sperimentano non si spiega con la teoria del multiverso di Everett, come ipotizza Teshi, né con altre speculazioni scientifiche. Lo scambio si caratterizza come una sorta di incantesimo, una magia che sembra scaturire dalla parola. Sin dal titolo del film, Kimi no na wa., letteralmente “il tuo nome è”, la parola si erge a protagonista, e si rivela molto più che semplice significante.
È proprio durante la scoperta del primo messaggio tra i due, il “chi sei?” scritto sul quaderno di Mitsuha, che la professoressa analizza l’antico termine Tasogare, letteralmente “chi è”, come origine della parola Tasogare-doki (e il più dialettale Kataware-doki), che indica il crepuscolo: quando non è giorno né notte, e il mondo sembra sfumare in qualcos’altro, il non umano diviene accessibile.

La parola in qualità di segno e simbolo si rivela chiave di comprensione. Per i personaggi e per lo spettatore, finalmente in grado di identificare quanto accade come espressione del “Musubi”, il termine con cui anticamente gli abitanti di Itomori indicavano il dio guardiano locale: “questa parola ha un significato profondo”, spiega la nonna a Mitsuha/Taki. Tessere è la sua arte, il flusso del tempo è la sua espressione: come fili che si intrecciano e si separano per poi convergere nuovamente, così sono le vite di Mitsuha e Taki, manifestazione pura della magia racchiusa in questo nome.

Ma la parola, in Your Name., è anche sigillo del ricordo. Itomori, infatti, pare essere stata distrutta molto prima, quando la sua Storia venne letteralmente cancellata dall’incendio di Mayugoro. Per quanto la saggia Hitoha confidi in un’innata presenza della tradizione, come fili tessuti nella genetica degli abitanti, l’atteggiamento incomprensivo delle giovani ragazze di fronte al rito del Kuchikamizake pare confutarne la validità sin dall’inizio del film. La perdita del nome, di fatto, coincide con la perdita del ricordo ad esso corrispondente, come testimoniano i protagonisti dopo l’ultimo scambio.

Eppure il finale afferma l’esistenza di qualcosa di più vasto, onnicomprensivo; una presenza eterea ma dalla forza irrefrenabile, capace di tessere l’esistenza umana a regola d’arte; l’espressione pura del Musubi, nell’ultimo sguardo tra Taki e Mitsuha.
L’amore tormentato o impossibile che era motivo ricorrente dei film precedenti di Shinkai trova in Your Name. una nuova opportunità e una rinnovata speranza.

Terminata la ricerca, se ne scorge la ricompensa.

Your Name
Giappone, 2016, 107 min
Titolo originale:
Your Name
Regia:
Makoto Shinkai
Sceneggiatura:
Makoto Shinkai
Musica:
Yo Yamada
Produzione:
CoMix Wave Inc.
Distribuzione:
Nexo Digital e Dynit

Mitsuha è una studentessa che vive in una piccola città rurale e desidera trasferirsi a Tokyo. Taki è uno studente di liceo che vive a Tokyo, ha un lavoro part-time in un ristorante italiano, ma vorrebbe lavorare nel campo dell'arte e dell'architettura. Una notte, Mitsuha sogna di essere un giovane uomo, si ritrova in una stanza che non conosce e lo skyline di Tokyo si apre dinnanzi al suo sguardo. Nello stesso momento Taki sogna di essere una ragazzina che vive in una piccola città di montagna che lui non ha mai visitato. Quale sarà il segreto che si cela dietro questi strani sogni incrociati?

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