CINEFORUM / 503

Dolce casa?

 

Parecchio cinema italiano su questo numero. Due speciali, Moretti (in tempi di evaporazione del padre, va diretto al cuore del simbolico e fa conseguentemente evaporare il Santo Padre) e Bellocchio («Bellissimo film di frammenti [che tutto riporta] ancora una volta, al motore insieme visivo e tematico di tutto il cinema di Bellocchio, l’istituto della famiglia, inteso come schema ordinatore dell’esistenza, debito di sangue pagano, strozzatura dell’evoluzione»); poi un ritorno impegnativo, magari controverso rispetto alla sua “utilità”, del documentario-inchiesta firmato da Faenza, cineasta non nuovo a queste esplorazioni; e il piccolo “caso” (“cult”, bizzarria…) di un film di generazione televisiva che, lungi dal fallire la prova, si rivela invece un’intelligente operazione di cinema Medio-Di-Nicchia-Ma-Non-Poi-Così-Tanto, che lascia il suo graffio su questa seconda parte della stagione. Infine: dopo un saggio che riprende alcuni titoli italiani del 2010 (più uno uscito nel 2007, più un inedito realizzato in Italia da un inquieto quanto da tempo irresoluto regista tedesco) per lavorare sui concetti di spostamento e di territorializzazione, tra filosofia e politica; tanto per non farci mancar niente, nella consueta rubrica dvd due film che hanno lasciato (per motivi molto diversi) un segno indelebile nella storia del cinema italiano, entrambi in edizione splendidamente restaurata: La presa del potere da parte di Luigi XIV di Roberto Rossellini e Novecento di Bernardo Bertolucci. In concorso a Cannes, quest’anno, il già nominato Moretti (a proposito, una incursione da manuale la sua a «Che tempo che fa», con Fabio Fazio pericolosamente in bilico fra il giornalista Rai che nel film conduce la cronaca del Conclave e la ormai leggendaria intervistatrice in Palombella rossa – mentre Moretti al termine della conversazione lo guardava con occhi non troppo

Adriano Piccardi