CINEFORUM / 564

La strana coppia

Ricordate Prigionieri dell’oceano, il film di Hitchcock del periodo bellico in cui i sopravvissuti condividevano il viaggio su un barcone destinato a lasciar emergere guerre ideologiche e sconfitte esistenziali? Ricordate Ombre rosse, il classico di John Ford dove il bandito e la prostituta, eterni perdenti, vivevano l’irruenza di viaggio in sentieri selvaggi e simbolicamente rifondativi? Il cinema costretto a riunificare in veicoli e mezzi di trasporto dai perimetri angusti e altamente metaforici la sua tensione allusiva, ritrova un nuovo appuntamento nel film diretto con schietta soggezione attoriale da Nick Hamm, a lungo regista teatrale della Royal Shakespeare Company, poi al servizio della televisione inglese in serie come Play on One e Rick Mayall e di quella americana per Rouge e Full Circle. Per il cinema Hamm è stato il nome dietro la macchina da presa di La voce degli angeli, delle incursioni orrorifiche e psicologiche Godsend e The Hole, della commedia Killing Bono. Con Il viaggio, Hamm mette fianco a fianco due simboli irriducibili e due figure attoriali che invadono la rappresentazione, regalando le temperature coinvolgenti di un racconto che volge sul piano di una forzata “convivenza a due” la possibilità di ricucire in una dimensione civile i conflitti di quella parte di mondo di cui gli interpreti sono anche fondamentali leader.

«I due uomini da cui dipende completamente l’accordo di pace stanno vagando da soli in un cazzo di bosco!». A urlare è Tony Blair, preoccupatissimo, voce e volto di una perdita di self control, caratteristica che da sempre ha contraddistinto la Regina Elisabetta e che vacilla al cospetto delle condizioni storiche vacillanti, quando la posta in gioco è un orizzonte (temuto come perduto) di convivenza pacifica. Nel film entra in scena la Storia, che il racconto riepiloga con estrema sintesi, sin dai titoli di testa in cui si ascoltano voci dal buio concitate e angosciate. Seguono didascalie e foto d’epoca, a ricordo di quarant'anni di guerra e migliaia di morti. Una ragazzina bionda nel suo vestitino bianco vive disperata il suo urlo di dolore davanti a un funerale che sembra il funerale di tutti; poi immagini di morte e quartieri devastati dalle esplosioni, fino all’arrivo di una notizia, nel 2006, che può a aprire un varco e ristabilire la speranza: in Scozia, i due leader delle parti opposte si sono incontrati per discutere la pace. In verità si tratta di una strada per nulla prevista e collaudata. Il reverendo Ian Paisley, incarnato da Timothy Spall, leader del Partito Unionista Democratico, protestante, e Martin McGuinness del Sinn Féin, cui presta il suo temperamento Colm Meaney, cattolico, trovano un’accidentale strada per il difficile accordo.

La caratterizzazione ingombrante degli interpreti (che somigliano molto ai loro personaggi) e una sostenuta tonalità macchiettistica paiono in buona parte in linea con l’origine oltraggiosa e anarchica di una rappresentazione che si spinge verso la black comedy e cerca nel road movie in chiave di rappresentazione storica inconsueta. Una via allusiva e via via sempre più diretta alla condizione in cui si trova un paesaggio diviso e lacerato, costretto, per la sopravvivenza, a cambiare rotta attraverso una conduzione che non può eludere la condivisione. Che il viaggio sia imprevedibile lo si coglie dai deragliamenti e dai dettagli: l’abitacolo frequentato da due personaggi storici, che si odiano ma sono costretti dalle circostanze a viaggiare insieme, è guidato da un falso autista che fa parte dei servizi segreti e si indirizza verso un bosco e un incidente di percorso che permetterà alle differenze di vedute di ricevere le opportune attenzioni. Il viaggio come percorso rappresenta la condizione del nomadismo spossante con cui gli individui affrontano il presente e dentro scatole di metallo si è pur sempre individui primordiali: naturale che l’abitacolo di un’auto, per quanto ampio e confortevole, sia il set di uno scontro che, almeno in alcuni suoi momenti, potrà diventare un incontro.

E nella visione en plein air dei boschi si distende improvviso e inaspettato l’avvio di un ritrovamento, quello tra Ian e Martin, il primo un volto di spigolosa insofferenza, l’altro un sarcastico volonteroso. È soprattutto il cinquantaseienne Martin a tentare il dialogo e a provocare, per cercare una sponda nella maschera di grugniti dell’ottantunenne presbiteriano. Cogliamo nei loro atteggiamenti la difficoltà di cambiare, come due cavie di laboratorio dove gli sperimentatori sono loro stessi e non deve essere stato facile per il regista diffondere leggerezza su un tema che riporta l’amara riflessione sull’assurdo della storia nordirlandese. Entrambi sono contraddetti, nella paura di ferire ulteriormente il loro popolo, la propria fazione politica e, in definitiva, il proprio orgoglio. Il dramma politico, tuttavia, viene in parte messo sullo sfondo, e il viaggio in macchina compiuto in Scozia da St. Andrews all’aereoporto di Edimburgo, con i ritardi dovuti all’imprevedibile marcia di un confessionale privato in cui tutto tracima in un presente di scontri verbali, è un percorso in cui i due uomini, pur sapendo di vivere un momento irripetibile, si sentono invisibili al mondo, sebbene siano sorvegliati da uno sguardo che, almeno in parte, li manipola.

La dimensione politica, orbene, rientra in questo condizionamento, nella politica della “ragion di Stato” che il Primo Ministro britannico Tony Blair incarna a fianco dei colleghi irlandese e nordirlandese, tutti intenzionati a sorvegliare il viaggio e a condurlo ad un esito diplomatico, perché la posta in gioco è troppo alta per lasciarla al caso. Per Hamm e il suo sceneggiatore, il dramma si contorce nel privato e i due leader politici possono finalmente essere visti come due caratteri, due animi che influenzano con il loro agire le decisioni collettive; eppure la scelta di due attori così irresistibili nei rispettivi scostanti ruoli, rende questo piccolo film un momento significativo della rappresentazione cinematografica sospinta dal desiderio di intrattenere nel rispetto della verità e della rappresentazione storica. Certo, al film difettano momenti di regia inventiva, soluzioni linguistiche che innervino il racconto verso una maggiore problematicità. Anche la black comedy trova spunti esigui. Tuttavia gli interpreti sono bravissimi, e Timothy Spall, nella sua virtuosa capacità di lasciar affiorare il lato umano di un personaggio tanto sgradevole e bigotto, lascia la vera nota di speranza in un film sul cinismo e la durezza della Storia, dove si combatte e si litiga dimenticando i funerali delle persone.

Interessanti i dialoghi, all’altezza di un cinema raffinato e dissacrante (la citazione sull’Esorcista, dal retrogusto inquietante), che ci rammentano un cinema ben scritto e affilato, dove anche la recitazione risponde ad un’esigenza di immedesimazione con i fatti storici. Harry Patterson, agente di sicurezza del governo inglese, ha il volto di John Hurt in uno dei suoi ultimi ruoli. Nei toni sobbalzanti di un racconto comunque classico, i protagonisti devono fare i conti con il proprio passato: McGuinness, che risulta il più conciliante tra i due, ha un passato di guerriglia e diversi anni di prigione alle spalle; Paisley, tenace pastore, ha sempre rifiutato il dialogo con i cattolici («Wojtila è l’anticristo»), restando fedele alla Corona inglese, fino ad essere soprannominato “Mister No”. «Che cosa sia successo in quel viaggio nessuno lo ha mai saputo, ma quello che sappiamo», ha detto il regista «è che poco tempo dopo i due hanno cominciato a collaborare per dare un senso all’accordo di pace». Paisley e McGuinness – entrambi scomparsi, Paisley a settembre del 2014, McGuinness nel marzo del 2017 – divennero provvisoriamente Primo ministro e Vicepremier dell’Irlanda del Nord, e furono considerati due nemici poi amici. Il film, che porta in scena un’ipotesi immaginativa, mostra il fianco alle critiche di scarsa plausibilità e di macchiettismo, particolarmente avvertite quando si affrontano i lati nascosti dei fatti storici. Ma il film ha una sua grazia, una sua dolente simpatia. E gli interpreti, per una volta, sono impagabili.