CINEFORUM / 568

Traversate

Le prime righe dell’introduzione alla sezione veneziana di questo numero potrebbero nella loro sostanza introdurre anche l’exploit di fine estate, immediatamente precedente la Mostra del Cinema e per questo quasi apripista alla conferma di quell’estetica della contiguità «tra classico e moderno, omaggio al passato e ricerca di un futuro possibile» che – preannunciata quattro anni fa, come fanno notare Fabrizio Tassi e Roberto Manassero – pare aver chiuso il cerchio con l’edizione 2017. Con il termine “exploit” riferiamo ovviamente a Dunkirk, cui «Cineforum» dedica questo mese un corposo speciale che cerca di dare ragione della sua collocazione nella produzione del suo autore, nel quadro delle precedenti ricostruzioni cinematografiche dell’evento, dei suoi inevitabili rapporti con la Storia tout court, delle sue specificità stilistico/linguistiche (ovviamente).

Nel panorama del cinema odierno, Nolan incarna, insieme a pochi altri (Villeneuve, sicuramente: altro exploit, roba di questi giorni, su cui torneremo nel prossimo numero) proprio la figura dell’autore-oltre-l’autore che, scardinando riferimenti e metri di ieri, è riuscito di film in film a imporre la necessità di saggiare la tenuta di un nuovo profilo concettuale in cui collocare l’idea stessa di autorialità. Tutto questo fra scossoni critici, dichiarazioni d’amore, sospetti di troppo calcolata intelligenza, talvolta fragorose dichiarazioni di guerra seguite da altrettanto fragorose reazioni della parte avversa. L’“ambiente” critico di «Cineforum», com’è nella sua tradizione, cerca di mantenere attive le condizioni favorevoli a un ragionamento sull’oggetto del contendere, capace di fornire elementi di discorso e non soltanto prese di posizione (ma ci sono anche quelle…).

Se Nolan fa la parte del leone, in questo numero trovano spazio due film italiani che a loro volta ci parlano di traversate: una destinata a fallire, quella di Swada in L’ordine delle cose: tentativo di raggiungere l’Europa dalla Libia con l’aiuto di un funzionario di polizia italiano, troppo dedito al dovere per dare respiro alla speranza (ma non siamo dalle parti della banalità del male?). L’altra è invece quella di Isidoro “pioniere di se stesso”, che in Easy. Un viaggio facile facile trova il nuovo mondo in un’Ucraina contadina riscoprendo il valore della responsabilità individuale come un bisogno che gli salverà la vita. Andrea Segre e Andrea Magnani raccontano due storie, tanto diverse tra loro, con una sicurezza di sguardo e di giudizio morale che ci restituisce il senso del cinema di cui sentiamo la necessità per poter parlare del presente nel quale viviamo.