CINEFORUM / 575

Il segreto e l'inganno

Nel 2013 François Ozon si imbatté in un romanzo noir incentrato su una donna coinvolta in una torbida relazione con una coppia di fratelli gemelli, Live of the Twins (1987). L'autrice era Rosamond Smith, pseudonimo dietro cui si nascondeva la celebre e prolifica Joyce Carol Oates, ma il romanzo non rientra fra le sue opere migliori. Imitando il metodo di Hitchcock, che privilegiava la scelta di romanzi modesti come materia narrativa da cui derivarne spregiudicatamente i propri soggetti, Ozon cercò di assicurarsene i diritti ma dovette aspettare che scadessero, perché erano stati acquistati vent'anni prima per ricavarne un mediocre telefilm di Tim Hunter (Bugie allo specchio, 1991). Dopo oltre un decennio da Swimming Pool (2003), Ozon voleva misurarsi nuovamente con i codici del noir ed era attratto non solo dalla prospettiva di accentuare gli elementi di erotismo presenti nel romanzo ma anche dal motivo dei gemelli – che gli consentiva di giocare con una serie di rimandi ad altri film – e soprattutto con la dimensione organica, assente nel romanzo. Per provocare lo spettatore, inserisce all'inizio del film l'inquadratura in dettaglio di una vulva, un'“origine del mondo”, che dissolve, con un effetto non proprio raffinatissimo, nell'immagine del suo occhio (come in seguito al dettaglio della sua bocca, durante l'orgasmo, subentra una nuova immagine della vagina). Prima ancora aveva aperto il film con un'inquadratura, autoreferenziale stavolta, di Marine Vacht, la protagonista, cui vengono tagliati i capelli lunghi che aveva nel film di Ozon che l'ha lanciata, Giovane e bella (2013) perché assuma la chioma corta di Chloé di L'amant double (in Italia Doppio amore).

Chloé è una ragazza avvenente e fragile, sopravvissuta a una storia di abbandono affettivo, che soffre di dolori addominali di cui i medici suppongono un'origine psicologica. Se la natura di Isabelle, la protagonista del film del 2013, rimaneva celata nell'opacità misteriosa della sua propensione a prostituirsi, Chloé invece espone subito allo psicoanalista le sue sofferenze e i sogni che ne riflettono le carenze affettive. Dall'incontro con il dottor Paul Meyer che la ascolta e con la sua dolce pacatezza la rassicura, nasce un amore che sembra rappresentare la conquista di un equilibrio per la ragazza, anche perché nel frattempo trova un lavoro, sia pure modesto (guardiana di un museo) ma per lei meno alienante di quello di modella. Invece è l'inizio di una spirale di sospetti che investono il passato di Paul: Chloé scopre documenti registrati con un altro cognome e crede di vederlo in un luogo dove non dovrebbe essere, in compagnia di un'altra donna. La ragazza scoprirà che Paul ha un fratello gemello, Louis, anch'egli psicoanalista, tanto prevaricatore, crudele e perverso quanto egli è remissivo e protettivo. Ma questo non le impedirà di buttarsi in una relazione adulterina, anzi solamente con Louis supererà i problemi di frigidità che i rapporti sessuali con Paul non hanno risolto. Quel rapporto le ispirerà addirittura il desiderio di essere lei a possedere Paul, dotandosi di un fallo finto legato al ventre in un'altra sequenza un po' goffamente esplicita.

Intanto Ozon ha disseminato con voluttà gli echi di altri film, da Inseparabili (1988) di Cronenberg (anche se ha dichiarato di averlo visto soltanto in seguito, sospetta che Joyce Carol Oates se ne sia ispirata) a Le due sorelle (1972) di De Palma, da Rosemary's Baby (1968) e L'inquilino del terzo piano (1976) di Polanski, a Basic Instinct (1992) di Verhoeven e Trauma (1993) di Argento. I segreti non si limitano all'esistenza del gemello segreto e “cattivo”: ci sarebbe anche una ragazza, Sandra Schenker, che si era lasciata sedurre da entrambi e aveva subìto drammatiche conseguenze dalla crudeltà di Louis, tanto da ridursi a un vegetale. Quando le rende visita, Chloé vede se stessa e la sorte che potrebbe attenderla.

 

L'anomalia organica

 

A quel punto, però, l'intreccio da thriller psicologico-fantastico di Doppio amore ha perso interesse da tempo: la contrapposizione dei due gemelli, il buono e il cattivo, così come la dipendenza masochistica di Chloé dal secondo, sono elementi narrativi talmente banali e scontati (come i giochi di specchi e split screen di cui Ozon abusa) da sembrare meramente pretestuosi per contemplare la tormentata fragilità della felina, intensa Marine Vacht, filmata in tutte le declinazioni della sua espressività e corporalità dalla macchina da presa in sequenze che derivano la loro bellezza anche dagli elementi plastici e ambientali. Le figure secondarie con cui Chloé interagisce sono più interessanti di quelle dei due fratelli gemelli, anche perché suggeriscono una malvagità latente: la vicina Rose, che vive sola e ha una figlia ricoverata da tempo (in modo speculare alla Schenker), così materna e al tempo stesso minacciosa e sinistra, con quel gatto impagliato nella camera vuota della figlia; la madre della sfortunata Sandra, la signora Schenker, assegnata, con felice intuizione, a Jacqueline Bisset, anch'essa dotata di un magnetismo felino ma stagionato, che all'improvviso rivela un violento rancore.

E appunto gli spazi essenziali, stilizzati degli ambienti, le stanze fredde e Art-déco per denotare il mondo in cui vive Louis, più caldi per Paul, ispirati a Robert Mallet-Stevens, addirittura «l’esterno iniziale è la sua strada [di Mallet Stevens], e la scala è quella della sua casa a Parigi. Il resto degli interni di Paul è la Maison Cavrois, che è diventata un museo Mallet-Stenes nel nord» (1). Gli ambienti della quiete familiare con Paul, emanano sempre una cupa malinconia e sembrano riflettere l'insoddisfazione coniugale; la camera degli amplessi adulterini con Louis è immersa in cromatismi gelidi ed evoca un senso di estraneità: entrambi gli spazi sono calati in una penombra che suggerisce l'incertezza delle situazioni (la bella fotografia è di Manu Dacosse). Le opere esposte nel museo dove lavora Chloé, passano dalla stilizzazione figurativa ad una sempre più greve matericità organica, anticipando, con le loro forme, il segreto che sarà rivelato alla fine.

Dopo alcuni film girati in 35mm, per Doppio amore Ozon è ritornato al digitale «perché c’erano molte scene notturne, per le quali il digitale consente una grande profondità di campo e nell’appartamento volevo che si vedesse bene l’esterno. […] Le focali sono corte negli interni e lunghe negli esterni perché l’ambiente sia un po’ meno netto (dato che si è nella testa della ragazza)» (2). Quando infatti si tocca il punto più basso della trama, ossia nella brutta sequenza (che nel romanzo è quella conclusiva) dove Chloé si trova davanti ai due fratelli riuniti, estrae la pistola e uccide uno dei due, quindi si precipita in un film di Cronenberg prima maniera (Il demone sotto la pelle), con il pancione della ragazza, nel frattempo rimasta incinta, dove si apre una fenditura sanguinolenta, ecco che si scopre che tutto quello che abbiamo visto era soltanto l'effetto del delirio soggettivo di Chloé. Non ci sono due fratelli, non c'é Sandra e la signora Schenker non è altri che la madre della protagonista (come la ginecologa ha le stesse sembianze della psicoanalista vista all'inizio) e la maggior parte del film è un sogno, o meglio un inganno (3) (come, ma in quel caso con ben altra finezza, Ozon aveva indotto lo spettatore a pensare che l'ex soldato francese di Frantz fosse stato l'amante segreto del suo coetaneo tedesco).

Nel corpo di Chloé si celava un'anomalia che ha contaminato l'intera narrazione, deformandola in un lungo incubo grottesco: i disturbi addominali non erano psicosomatici ma derivavano da una sindrome poco conosciuta e rara, il fetus in fetus, il “gemello parassita”, quando, durante la gravidanza, all'interno del corpo di un gemello normale i tessuti formano un altro feto che cresce differenziandosi dal primo, senza sviluppare una coscienza od organi vitali ma solo degli arti inferiori o superiori o altre strutture ossee non pienamente sviluppate. Dentro di sé, Chloé aveva questo “parassita”, questo agglomerato informe che le ispirava l'idea inconscia di avere divorato una sorella, con oscuri rimorsi conseguenti. Ecco che il colpo di scena svela la reale dimensione organica che si nascondeva nella storia deforme immaginata da Chloé. Peccato però che il film pretestuoso e ingannevole, il film originato dalle secrezioni organiche della mente di Chloé, non raggiunga mai l'allusività dei sogni – nonostante il ricorrere di sequenze oniriche – e la dicotomia dei due fratelli sia priva di autentico mistero, mentre l'interesse di Doppio amore si concentra tutto nei primi piani di Marine Vacht, nella sofferenza enigmatica di un'eroina smarrita in una storia anodina e, come si è detto, si annida nei décor vuoti, nei margini, nelle pause, nei personaggi accessori, nei dettagli speculari.

 

 

(1) Philippe Rouyer e Yann Tobin, Le film de genre est libérateur. Entretien avec François Ozon, «Positif» n. 676, giugno 2017, pag. 16.

(2) Ivi, pag. 18.

(3) A giudicare dagli esiti al box-office (in Francia ha attirato metà degli spettatori di Frantz e un quarto di quelli di Nella casa) il pubblico non sembra avere molto gradito questo “inganno” giocatogli da Ozon. Il film comunque è stato venduto in oltre quaranta Paesi.