CINEFORUM / 577

Piattaforme in Laguna

«Il futuro ritorna» è il titolo dell’articolo di Fabrizio Tassi che introduce lo “speciale” Venezia 75. Ritorno che però è anche il punto di arrivo di un lavoro di riassestamento progettuale e produttivo continuo, evidentemente; mirato a innervare sempre più l’organismo paratelevisivo netflixiano di massicce dosi di cinema-cinema, affidato qui, per garantire agli utenti la credibilità dell’operazione, al marchio di qualità costituito dai nomi di registi-autori riconosciuti e consacrati da carriere svolte nel segno del successo presso critica, pubblico e giurie festivaliere. E sfidando, senza eccessive preoccupazioni ma – se necessario e opportuno – qualche concessione, le proteste di un sistema distributivo, ingiustificatamente sdegnato dal basso della sua approssimazione: perché di Kore-eda Hirokazu Il terzo omicidio (2017) no, dopo quattro titoli distribuiti con regolarità anno dopo anno dal 2013, e poi Un affare di famiglia sì? Soltanto perché questo ha vinto la Palma d’oro? Sembrerebbe una risposta del tutto inadeguata, di fronte alla caratura di un cineasta il cui valore era ormai riconosciuto, palma o non palma, seppure con un po’ di ritardo… Tralasciando l’altro esempio, giustamente citato da Tassi, ossia quello dello Schrader di First Reformed.

La strategia di Netflix è invece del tutto comprensibile, sostenuta da una capacità di adeguamento progettuale che procede per gradi (e certo non sempre sfornando risultati memorabili…) ma senza sosta nella ricerca della reciproca assimilazione di universi visuali e narrativi che, in tempi ormai remoti, erano considerati antitetici. Del resto, se consideriamo la grande mutazione in atto rovesciando il punto di vista e adottando la prospettiva non della produzione di narrazioni ma del loro consumo, l’ipotesi netflixiana (e di tutte le altre piattaforme che si muovono all’incirca in quella direzione anche se con minore aggressività) è plausibilmente fondata sull’evoluzione inarrestabile del modo di guardare le immagini, da parte degli spettatori; evoluzione collegata a quella dei luoghi in cui quello sguardo si esercita. Se per decenni il dispositivo cinematografico è stato indirizzato ad associare la proiezione del film soltanto con lo schermo della sala cinematografica, la polverizzazione dei punti e delle modalità di visione attualmente disponibili colloca di fatto la sala nella semplice posizione di alternativa possibile, per quanto consacrata dalla tradizione e dalla memoria collettive alla funzione di tempio, garante dell’esistenza irrinunciabile di uno specifico spettatoriale cinematografico. E volendo spingersi ancora un po’ oltre in questa riflessione – mi rendo conto, discutibile – si potrebbe anche giungere a ridefinire quei parametri che per almeno un secolo hanno sostenuto l’idea del cinema come fonte, necessariamente larger than life, di un immaginario davvero contemporaneo. In un presente nel quale l’occhio è ormai pre-disposto a guardare la realtà attraverso il filtro di quell’immaginario, ci sono certezze di ieri da riconsiderare. I selezionatori veneziani, correttamente, ne hanno tenuto conto.