Il film che...

 

Tra i più apprezzati registi di animazione al mondo, Bruno Bozzetto ha realizzato lungometraggi straordinari tra i quali West and Soda, Vip, mio fratello superuomo e Allegro non troppo, ma ha all'attivo anche un’incursione nel cinema dal vero con la regia di Sotto il ristorante cinese. Suo è il buffo e indimenticabile personaggio del Signor Rossi dalla lunga e felice carriera “televisiva”. Innumerevoli i premi ricevuti per i suoi film, cortometraggi, serie per la televisione e per il web, tra i quali segnaliamo l’Orso d’oro a Berlino nel 1990 per il corto Mister Tao e la nomination al Premio Oscar nel 1991 per il corto Cavallette. Nel novembre 2013 il Walt Disney Family Museum di San Francisco gli ha dedicato una imponente retrospettiva dal titolo: "Bruno Bozzetto: Animation, Maestro!". Nel 2014 ha realizzato la sigla per il San Marino International Film Festival, dove ha tenuto anche una masterclass. E i film che l'hanno segnato sono:

Il primo film che ricordi…

Il primo è un film di guerra, La famiglia Sullivan del 1944 (avevo sei anni), in cui ricordo cinque fratelli, imbarcati su una nave da guerra affondata da un sottomarino giapponese, che morivano tutti. Ho poi letto che Spielberg ha preso spunto da quel film per Salvate il soldato Ryan. La morte contemporanea di quei fratelli e la tragedia della loro famiglia mi ha colpito in modo particolare ed è rimasta profondamente incisa nella mia memoria.

Il film che ti ha fatto venire gli incubi?

È un film di cui non ricordo il titolo. Mi aveva traumatizzato una scena dove tre banditi incappucciati penetravano di notte in una cantina e staccavano la corrente alla casa che volevano svaligiare. Il ricordo di questi cappucci neri e la situazione drammatica mi hanno terrorizzato per molti anni. Del resto della trama non ricordo nulla.

Il film che ti strappa un sorriso quando sei triste…

Quando sono triste nessun film può riuscire a farmi sorridere, neppure il più comico. Penso che un film sia qualcosa che una persona può gustare ed apprezzare appieno solo quando l’animo è libero, quando si è in pace e sereni con se stessi e il mondo, e soprattutto quando la mente è sgombra. Come diceva mio padre Umberto: “L’uomo parla di filosofia solo quando ha la pancia piena”. Qualcosa di analogo (secondo me) avviene anche per il cinema.

Un tuo film di animazione che avresti voluto girare dal vero

Se un film nasce nella fantasia come film d’animazione, con personaggi curiosi e irreali, è impossibile pensare di girarlo dal vero, con attori. Potrei forse pensare il contrario, perché alcuni film di Fellini, tipo Satyricon, potrebbero anche venire realizzati a disegni animati, per forzare ed esagerare ancor più l’originalità dei personaggi. A mio parere, nel momento stesso in cui pensi o scrivi una storia, fin dalla prima scena, sai già esattamente se stai scrivendo un film in animazione o dal vero e, di conseguenza, tutte le scelte e le situazioni saranno condizionate da questa decisione. Quando ho immaginato la storia di Sotto il ristorante cinese (l’unico lungometraggio che ho realizzato dal vero), il racconto era chiaramente e inevitabilmente realistico, così come le situazioni, il meccanismo della narrazione e la descrizione dei personaggi.

Il film che ti ha dato una mano a corteggiare una ragazza

Direi nessuno, perché per me un film è sempre stato qualcosa di “sacro” che quasi sempre amavo vedere in totale solitudine. Non ricordo quanti film ho visto da solo. Sicuramente moltissimi. Il fatto poi di essere “figlio unico” mi ha probabilmente aiutato a non sentire la mancanza di “altre persone” vicino a me. Se frequentavo amici o ragazze preferivo farlo per una gita, una vacanza o qualche festa. Quando entravo in un cinema era esclusivamente per gustarmi un film. Una volta entrato in sala io non esistevo più, e m’immedesimavo e appassionavo talmente alla storia e ai personaggi da fermarmi a vederlo anche più di una volta, cosa abbastanza normale ai miei tempi. Forse istintivamente ho sempre considerato il cinema come un luogo d’insegnamento, una scuola, in cui andavo a imparare qualcosa. Altre persone potevano solo distrarre la mia attenzione e la distrazione durante un film mi ha sempre infastidito.

Anni fa, un pomeriggio, sono entrato in una sala a Milano praticamente vuota. C’erano solo due anziani, seduti anche piuttosto lontano da me, che però commentavano tra loro ad alta voce ogni scena del film, o si raccontavano le azioni vicendevolmente. Me ne sono andato. Era insopportabile riuscire a gustarsi un film con quel fastidioso accompagnamento sonoro. Anche oggi, se qualcuno mi si avvicina e mi parla mentre osservo un film (in televisione, al cinema, ma anche davanti al computer), attivo la pausa e attendo che la cosa si concluda. Solo dopo riprendo la visione. Un film richiede un immane lavoro, tempo, fatica, grandi investimenti finanziari e merita perciò il più grande rispetto da parte dello spettatore. Se il film è mediocre o decisamente brutto, spengo la tv o me ne esco dal cinema. Cosa che facevo sovente, pur avendo pagato il regolare biglietto. Non me ne resto a guardare storie noiose o mal realizzate.

Anche a proposito della televisione, mi stupisce sentir dire da alcuni amici che ci si addormentano spesso davanti. Io, se sono davanti alla tv, è unicamente perché sto guardando qualcosa che mi interessa. Nel momento stesso in cui la faccenda cessa di “prendermi”, la spengo e vado a fare qualcos’altro. Considero chi tiene il televisore acceso senza guardarlo alla stregua di uno che tiene in mano un giornale costantemente aperto, ma senza leggerlo.

Un film che hai amato è che ti è sembrato ingiustamente sottovalutato

Direi che tutti i film che ho amato particolarmente hanno avuto un grande successo di pubblico e quindi non penso siano stati sottovalutati. Per lo meno non al botteghino. Probabilmente ho gusti molto banali e comuni in fatto di film e infatti non ho mai particolarmente amato i film cosiddetti intellettuali, che consideravo validi solo per i critici. Ho molto amato il cinema western, ad esempio, non particolarmente intellettuale, anche perché sono attratto dai meravigliosi paesaggi che mi trasportano in un mondo in cui avrei forse voluto vivere. Non lo so. Sono solo sensazioni. Il Gigante di George Stevens era ad esempio uno dei miei preferiti, forse anche perché mi intrigava molto James Dean come attore. Altri registi che ho amato molto erano Fellini, Monicelli, Kubrick, Tati, ma erano tutti artisti di grande successo e non certo sottovalutati. Tra i disegni animati, uno che avevo amato e che probabilmente ha avuto poco successo per la pessima distribuzione (o per la concorrenza che l’ha voluto eliminare dal giro) è stato Il gigante di ferro di Brad Bird.

Il film che ti ha fatto innamorare della sua protagonista…

Quasi tutti, in tempi ed epoche diverse! Ogni volta che vedevo un’attrice brava, bella e convincente, inevitabilmente me ne innamoravo. Potrei fare un elenco interminabile di attrici, a partire dagli anni Cinquanta. Ne citerò solo alcune: Katharine Hepburn, Elizabeth Taylor, Audrey Hepburn, Brigitte Bardot, Shirley MacLaine, ecc. E, più recentemente, Julia Roberts, Jodie Foster, Cameron Diaz, Kate Winslet, Winona Ryder, Susan Sarandon e, per non dimenticare l’Italia, solo qualche nome, Monica Vitti, Giulietta Masina, Claudia Pandolfi, Cristiana Capotondi, Claudia Gerini, Giovanna Mezzogiorno… ma la lista potrebbe non finirebbe mai.

Non solo, la cosa curiosa è che mi innamoro anche delle protagoniste realizzate in animazione, magari in 3D. Anni fa ero stato affascinato da Neytiri, l’azzurra selvaggia di Avatar sul pianeta Pandora, che trovavo irresistibile. Ciò che mi incanta sono le espressioni, la recitazione, la gestualità, ma soprattutto gli occhi e la vitalità che emanano. E quando due occhi sanno esprimere i sentimenti più intimi come quelli di Rapunzel o di Pocahontas, resto affascinato. Non mi sono invece mai innamorato di attrici, spesso anche molto belle e simboli sexy, che in quanto a recitazione mi lasciavano perplesso… tipo Marilyn Monroe e molte altre. Senza l’anima che brilla negli occhi, non scatta la scintilla.

Il film che hai “invidiato” ad un collega…

Se parliamo di colleghi devo parlare naturalmente di film d’animazione. Non credo di avere colleghi nel campo del cinema dal vero, a parte qualche raro amico, o meglio conoscente. E parlando dell’animazione, non ho mai provato alcuna invidia per prodotti che sarebbero irrealizzabili da me o dai nostri studi, per l’investimento e la complessità del lavoro, tipo i film della Disney, della Pixar, della DreamWorks, ecc. Posso provare un po’ di invidia, ma molto blanda, per film eventualmente imitabili, più vicini al mio spirito e al mio stile, a un genere di film e di qualità che forse avrei potuto raggiungere anch’io. Parlo quindi di film che possiedono contenuti intelligenti e spiritosi ma sono stati realizzati con una relativa povertà di mezzi. Uno di questi è Persépolis, di Marjane Satrapi che ho trovato stupendo, umano, profondamente tragico e anche divertente. Oltre che abilissimo nello spiegare, anche ad un ignaro spettatore, i profondi cambiamenti che possono avvenire in una nazione. Oppure I Simpson – Il film di David Silverman, per la genialità, lo spirito e le trovate fulminanti. Potrei dire che sono solitamente film di cui mi viene spontaneo dire: “Questo (forse) avrei potuto farlo anch’io!”

Il film che meglio descriverebbe la razza umana ad un visitatore alieno…

Credo sia impossibile descrivere a un alieno una cosa così complessa e contraddittoria come la razza umana. Riassumere in una sola opera tutte le genialità e le idiozie dei terrestri credo sia un’impresa epocale. Servirebbe un film sull’amore, uno sulla violenza, uno sulla creatività, e via dicendo. Dovendo però scegliere, suggerirei due film, entrambi di guerra, che illustrano la follia umana vista con ottiche diverse: l’una drammatica e l’altra umoristica. Per far capire all’alieno che, pur commettendo azioni abominevoli, l’uomo sa anche sorridere di queste follie. Sono entrambi dello stesso regista, Stanley Kubrick. Uno è Full Metal Jacket e l’altro Il dottor Stranamore. E penso che l’argomento della guerra sia fondamentale per descrivere a un estraneo l’uomo e il suo comportamento, da quando ha fatto la sua comparsa sulla faccia della terra. Se non altro per mettere in guardia l’alieno e indirizzarlo verso qualche altro pianeta…

Il film che quando passa in televisione non riesci a smettere di rivedere…

Sono parecchi i film che quando vengono riproposti in televisione guardo e riguardo con piacere, anche più volte. Mi è capitato ultimamente anche con Toy Story. Quando sono belle opere, si rivedono sempre con gioia. Se poi appartengono al passato, oltre al piacere c’è anche l’affetto, perché mi riportano le sensazioni e i momenti ormai dimenticati nel tempo, e quindi entra in campo anche la nostalgia e i ricordi di un mondo ormai scomparso. E questo, invecchiando, è una cosa che mi capita sempre più spesso. Potrei ad esempio rivedere all’infinito alcuni capolavori italiani, come La grande guerra, Otto 1/2, I vitelloni, I soliti ignoti, Divorzio all’italiana, Il sorpasso, L’armata Brancaleone.

Ultimamente però mi è capitato di vedere casualmente in tv un film francese, molto recente, che non conoscevo, Cena tra amici di Alexandre de la Patellière, e nella stessa sera l’ho rivisto due volte consecutive (l’avevo registrato) e ancora una volta con le mie figlie la sera successiva. Il film è una commedia e quello che mi ha affascinato era l’attualità della situazione, i dialoghi perfetti, l’umorismo e il dramma che si alternano in continuazione. E una regia perfetta. Lo stesso mi è accaduto con un film di Woody Allen, che non conoscevo, e che ho trovato meraviglioso per i dialoghi, Basta che funzioni.

Il film che ti ha fatto scoprire il mondo dell’animazione…

Il mondo dell’animazione credo d’averlo scoperto con Biancaneve. Ero però troppo piccolo per poter fare ragionamenti logici e capire la differenza da un film dal vero. Per me erano solo immagini in movimento, più belle e più vicine al mio mondo di allora, in cui probabilmente già disegnavo qualcosa. Dico probabilmente perché non ricordo quasi nulla nei dettagli. Ma quello che considero il più importante, sia da un punto di vista etico che formativo, è stato sicuramente Bambi, che mi ha fatto innamorare del mondo magico e poetico dell’animazione Disney e che ha fatto nascere in me un radicato concetto di ecologia. Dopo quel film ho infatti sviluppato sempre più un grande amore per la natura (grazie anche alle splendide scenografie di Tyrus Wong) e il regno animale e, nel contempo, ho capito drammaticamente quale enorme pericolo potesse rappresentare un certo tipo di uomo per il mondo della natura. La morte della mamma di Bambi, la scena dell’arrivo dei cacciatori nella valle incontaminata, l’incendio e la distruzione della foresta mi hanno insegnato molto sull’uomo.

Il film che ti piace guardare in famiglia…

Nessuno della mia famiglia era appassionato al cinema. Parlo di mio padre Umberto e mia madre Tiny, perché ero figlio unico. Inoltre quando ero piccolo la televisione non esisteva. Dopo il matrimonio, questo strano disinteresse verso il cinema ha avuto un seguito, perché mia moglie Wally non è mai stata appassionata di film e quindi guardare un intero film accanto a lei è letteralmente impossibile. Dopo poco si alza e se ne va dicendo “… poi raccontami come va a finire…”, frase che dimostra come sia interessata magari alla storia ma non si appassiona certo al modo in cui viene raccontata. Con i figli, invece, decisamente più appassionati, mi è capitato di vedere parecchi film, per lo più di genere umoristico, perché accomunavano i gusti di tutti. Quando si va nel giallo, nel drammatico o nell'avventuroso, spesso i gusti divergono e se non si è tutti d’accordo difficilmente la cosa funziona. Sull’umorismo, specie quello intelligente, filiamo d’amore e d’accordo. Parlo dei film di Monicelli, di Germi, di Risi... e naturalmente Woody Allen.