Il film che...

Cresce a Barcellona e inizia la sua carriera cinematografica come assistente alla camera in Terra e libertà di Ken Loach, lavorando poi come operatore per registi del calibro di Fernando Meirelles, Alejandro Gonzàlez Iñarritu, Oliver Stone, Spike Lee e Isabel Coixet. Ha girato un documentario e due cortometraggi, tutti incentrati su temi sociali. Il suo lungometraggio d'esordio, La gabbia dorata (2013), è un'opera di sorprendente maturità sul tema complesso e spinoso dell'emigrazione latinoamericana.

E i film che l'hanno segnato sono...

Il primo film che ricordi…

Il cavaliere della valle solitaria di George Stevens. Avevo quattro anni e ho pianto molto, mi sembrava un concentrato di esperienza umana. Ho pensato: un giorno farò provare le stesse emozioni alle persone.

Il film che ti ha fatto venire voglia di diventare regista …

8 ½ di Fellini. Un film come un sogno, come il sogno di qualcuno che diventa il nostro. Vediamo il mondo attraverso un uomo sensibile, creativo, affascinante, contraddittorio, sempre in cerca dell’ispirazione. Il suo amore per la vita, per la gente che lo circonda, la sua curiosità, il suo desiderio, le sue paure, il suo coraggio nel mettersi a nudo di fronte a noi. Questo è il cinema al suo livello più puro.

Il film che bisognerebbe spedire nello spazio per testimoniare la nostra esistenza

Vivere di Akira Kurosawa, Le armonie di Werckmeister di Béla Tarr, Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, Persona e Il settimo sigillo di Bergman, 2001:Odissea nello spazio di Kubrick, L’anno scorso a Marienbad e Mon Oncle d'Amerique di Resnais.

Il film che ti fa venire voglia di tornare in Europa…

Royal Affair di Nikolaj Arcel. Sono rimasto molto impressionato dalla recitazione, dalla qualità della storia, dalla profondità del tema, dai set, dalla produzione, dallo stile di ripresa. Un grande film che ci trasporta in un altro spazio/tempo e ci racconta una significativa storia umana.

Il film che ti fa piangere dal ridere

Hollywood Party di Blake Edwards.

Il film che ti ha fatto innamorare del protagonista…

Aguirre, furore di Dio di Herzog, Mio zio di Tati, Apocalypse Now di Coppola, L’insolito caso di Mr. Hire di Patrice Leconte, Il bambino di Nagisa Ôshima, Ratcatcher di Lynne Ramsay, La città delle donne di Fellini, Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, Carlito’s Way e Scarface di Brian De Palma, Nemico pubblico con James Cagney, Il mistero del falco con Humphrey Bogart, Per chi suona la campana con Gary Cooper, La donna che visse due volte e La finestra sul cortile di Hitchcock, Un angelo è caduto di Otto Preminger.

Il film che non ti stanchi mai di rivedere…

La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. E poi Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick, un incredibile film contro la guerra, l’energia della camera, l’uso della profondità di campo e nel contempo della bidimensionalità, la grande recitazione di Kirk Douglas, la lotta di un uomo per salvare il suo battaglione e il disprezzo dei generali al comando verso i soldati. È necessario fare film come questi oggigiorno per mostrare il vero volto della guerra.

La tomba dell’onore di Kinji Fukasaku, Harakiri di Masaki Kobayashi, Memorie del sottosviluppo e La morte di un burocrate di Tomás Gutiérrez Alea, Rashomon di Kurosawa, Rapina a mano armata di Kubrick. Kurosawa e Kubrick sapevano come usare una struttura frammentata, non certo come accade oggi che questa viene usata esteriormente e non dall'interno. Cioè, Kubrick racconta una storia con frammenti non in ordine cronologico con differenti personaggi che all’inizio non comprendono bene cosa accade, ma è affascinante osservare e seguire. È come un puzzle. Haneke lo ha fatto in 71 frammenti di una cronologia del caso, Kurosawa in Rashomon. E, come in un puzzle, l’ultimo pezzo deve essere lasciato cadere proprio alla fine.

Il Padrino di Coppola, Il terzo uomo di Carol Reed, La notte di Antonioni, Nodo alla gola di Hitchcock. Un regista deve darsi delle ostruzioni. L’uso brillante della tensione, il cadavere nel pezzo di mobilio durante un pranzo casuale. Un contrasto è ciò che funziona meglio ad è anche una scelta felice.

La morte corre sul fiume di Charles Laughton, Il settimo continente di Michael Haneke. Haneke è un gran filosofo e ci mostra il lato oscuro della nostra società raccontando una famiglia che commette suicidio. Ho imparato da lui che c’è una rima nei film, che noi possiamo creare un senso poetico attraverso la ripetizione di un’immagine o di un suono. È ciò che ho cercato di fare nel finale di La gabbia dorata con la neve.

Radiazioni BX: distruzione uomo di Jack Arnold. Anche questo film mi ha profondamente influenzato, ho cercato di replicarne il finale in La gabbia dorata, andare da un microcosmo a un macrocosmo, come Juan che è così piccolo in un luogo freddo e oscuro, per diventare un punto di luce nell’universo, una stella fluttuante. Perché siamo qui? Da dove veniamo? Dove andremo quando moriremo? Cosa saremmo senza il mistero e la poesia dell’esistenza?

L’uomo senza passatoLa fiammiferaiaHo affittato un killer di Aki Kaurismäki. Da lui ho imparato che il sottotesto nella recitazione è davvero importante. Il “Maestro” Aki ci insegna questo e la semplicità di una buona narrazione visiva.

Il film che ti sembra ingiustamente sottovalutato 

La proprietà non è più un furto di Elio Petri. Ho apprezzato il fatto che un film metta in discussione tutto ciò che giustifica i nostri sistemi economici e politici, l'esistenza dello Stato, della polizia, del sistema giudiziario. È un'idea impressionante affermare che un semplice ladro ha la funzione di giustificare sistemi repressivi. Il “potere” crea sempre nemici per perpetuare se stesso. È triste pensare che Petri sia morto così giovane, un regista così brillante… Le sue idee erano davvero radicali e importanti.

Soldato blu di Ralph Nelson. Mi piaceva vedere film impegnati con mia mamma, che era un’insegnante di letteratura, e film d'azione con mio padre. Forse è questo il motivo per cui cerco di fare film che intrattengano e facciano riflettere allo stesso tempo. Ho visto molti, molti film. Avevo otto anni quando i miei genitori si sono separati e durante le vacanze mio padre veniva a prendermi, ma non era una persona molto loquace. Ci sentivamo estranei, ma entrambi amavamo vedere film e così ne guardavamo quattro-cinque al giorno. Mi piaceva organizzare le visioni, scegliere i film e le sale e passavamo dall’una all'altra facendo giusto una breve pausa nelle caffetterie. A mio padre piacevano molto i film d'azione e così abbiamo visto quelli di Sergio Leone, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese e mi ricordo anche Soldato blu. Nessuno parla mai degli orrori della colonizzazione degli Stati Uniti e questo film secondo me è molto importante, molto potente, molto politico. Realizzato durante gli anni della guerra del Vietnam è un film che ha parlato del passato e del presente.

Il film che hai visto col tuo primo amore 

Dersu Uzala di Akira Kurosawa. Ho pianto molto per questo film. Dersu è un personaggio tenero e la nostra società moderna sta distruggendo la gente come lui, e allo stesso tempo distrugge la terra e noi stessi. Ho studiato questo film per Chauk, uno dei protagonisti di La gabbia dorata. Akira Kurosawa aveva il dono di raccontare storie umane, di penetrare in profondità nell'animo umano. Era un uomo molto profondo, che ha sempre dato agli spettatori qualcosa da portare con loro per renderne migliore la vita. Un film fatto da un grande uomo su un grande uomo.

Il film che ti ha procurato angoscia nell'infanzia 

E Johnny prese il fucile di Dalton Trumbo. C'era un cinema d'essai vicino a casa mia a Barcellona. Lì ho visto molti film, a partire dall’età di dieci anni. Non potrò mai dimenticare E Johnny prese il fucile: l’energia dell'immagine di quest’uomo mutilato che aveva il senso del tatto ma senza avere né braccia né gambe, la sua voglia di vivere, l'intensità di uno dei migliori film contro la guerra. Allora ho scoperto che un film può essere un fortissimo strumento politico, che possiamo incidere profondamente la coscienza delle persone e renderle consapevoli di qual è il vero aspetto della guerra.