L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Anni di piombo a Venezia

Si conclude la XXXVIII Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Più che sui discutibili Leoni d'argento (Sogni d’oro di Nanni Moretti e Non portano lo smoking di Leon Hirszman) l'attenzione si appunta giustamente sul Leone d'oro, Anni di piombo di Margarethe von Trotta, e non solo per motivi artistici.

Ispirato alla storia vera di Christiane Ensslin e di sua sorella Gudrun che nel 1977, dopo quattro anni di carcere, venne trovata impiccata nel famigerato carcere di Stammheim, il film riapre un capitolo oscuro della storia tedesca (e non solo). Anche se incentrato sul rapporto fra le due sorelle, la terrorista Marianne e la progressista Juliane, Anni di piombo è, in forma di indagine, un atto d'accusa contro la rimozione del passato e dei sensi di colpa in una società che non accetta mutamenti.

Von Trotta non era nuova all'argomento. Con l'allora marito Volker Schlöndorff, aveva firmato nel 1975 Il caso Katharina Blum, tratto da L'onore perduto di Katharina Blum di Heinrich Böll, ove il grande scrittore narra con feroce ironia le vicissitudini di una giovane cameriera perseguitata dalla polizia e dalla stampa scandalistica (tipo Bild-Zeitung) per aver ospitato un ricercato e infine omicida per disperazione. Vi si legge in filigrana un riferimento ad Andreas Baader e Ulrike Meinhof, incriminati e perseguiti dagli stessi organi per azioni contro la sicurezza dello Stato, messe in opera dalla Rote Armee Fraktion, quanto tre anni dopo sarà al centro di un film collettivo di forte impatto: Germania in autunno.

Opera di registi quali Fassbinder, Kluge, Reitz, Schlöndorff, tra testimonianze dirette e ricostruzioni narrative rievoca quel terribile autunno del 1977 allorché si susseguono il sequestro e l'uccisione dell'industriale Schleyer; il dirottamento di un Boeing della Lufthansa a Mogadiscio con l'intervento di reparti specializzati che liberano gli ostaggi; la morte, nel carcere di Stammheim, di Baader, Ensslin, Raspe e Meinhof. Ma al tempo stesso si occupa dell'involuzione dello stato di diritto, della crisi della sinistra, della manipolazione dell'opinione pubblica.

Più riflessivo appare Stammheim - Il caso Baader-Meinhof (1986, di Reinhard Hauff) che ricostruisce sulla base degli autentici verbali il processo al gruppo terroristico in un docudrama tutto ambientato nell'aula del tribunale, in un aperto contrasto tra due forme di illegalità.

Occorre attendere il 2008 (La banda Baader Meinhof di Uli Edel) perché la rievocazione di quel periodo torni sugli schermi. Le vicende della RAF attraversano la storia della Germania Ovest dal 1967 allorché i suoi componenti combattono con azioni di guerriglia urbana contro l'imperialismo USA, impegnato in Vietnam, e le istituzioni tedesche (infiltrate di ex nazisti) che lo sostengono, sino all'arresto nel 1972 dei capi storici, al proseguimento della lotta (anche all'estero, con l'aiuto di miliziani palestinesi) da parte dei loro eredi, al tragico epilogo: appunto nel maggio 1976 la Meinhof e, nell'aprile '77, appena condannati all'ergastolo Baader, Ensslin e Raspe.

Il cinema tedesco, in ogni caso, dimostra di essere più sensibile al fenomeno e alle sue problematiche di quanto viceversa sia accaduto al cinema italiano. Ma RAF e BR non sono la stessa cosa...