L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Dedicato a Farassino

Martedì 29 ottobre, alle 20, al cinema Anteo di Milano (via Milazzo 11), ci sarà una serata in memoria di Alberto Farassino, a dieci anni dalla scomparsa. Interverranno Paolo Mereghetti, Fulvia e Viola Farassino e gli amici di Alberto. Silvano Piccardi leggerà: un ritratto di Farassino in Cose da dire di Giuseppe Bertolucci (Bompiani); una poesia scritta da Alberto negli anni Novanta; crittografie mnemoniche e giochi enigmistici con titoli di film. Seguirà la proiezione di un film molto amato da Farassino: Histoire(s) du cinéma. Toutes les histoires di Jean Luc Godard (1988, 51', v.o., sottotitoli italiani, in collaborazione con la Cineteca di Bologna). Fino al 17 novembre è in esposizione all'Anteo spazioCinema Tratti e ritratti. Per Alberto: 23 fotografie di Fulvia Farassino, una mostra curata da Cesare Colombo. 

In relazione all'evento, l'intera settimana in corso dell'Altra faccia delle Lune viene dedicata a scritti di Alberto usciti proprio in quel giorno di quell'anno, col prezioso ausilio del suo Scritti strabici. Cinema, 1975-1988, curato da Tatti Sanguineti con Giorgio Placereani (Baldini Castoldi Dalai, Milano 2004).

22 ottobre 1984

Nouvelle Vague, l'origine dell'onda

«Parigi, metà degli anni Cinquanta. In un appartamento del Quartiere Latino un gruppo di amici gira quasi per divertimento un filmetto 16mm, senza neanche il sonoro. L'appartamento è quello di Jacques Doniol-Valcroze, uno dei fondatori dei "Cahiers du Cinéma" e futuro regista, e c'è anche una parte per la sua bambina di cinque anni. Quel giovanotto che sta per la prima volta dietro la macchina da presa è François Truffaut. Quello che gioca a fare il "direttore della fotografia" si chiama Jacques Rivette e il film, che si intitolerà Une visite, verrà poi montato da un documentarista poco più anziano di loro: Alain Resnais.

Poco tempo prima Rivette aveva già fatto l'operatore, in un altro film di pochi minuti: si intitolava Bérénice e il regista era Eric Rohmer. Quando poi sarebbe toccato a lui di fare la sua prima regìa con Le coup du berger, ad aiutarlo per la sceneggiatura, per la produzione e anche mettendo a disposizione casa sua per le riprese sarebbe stato Claude Chabrol. Sempre gentile questo Claude.

Un giorno, è il 1958, la regione parigina è allagata per un'inondazione e François pensa di approfittare dell'inconsueto scenario per inventare un film da realizzare in un week end. Ed è Claude che gli presta la sua auto per andare in periferia a girare. Al ritorno François è scontento e abbandona il materiale ma c'è un altro amico che pensa di poterne ricavare qualcosa: è Jean-Luc Godard che firma così Une histoire d'eau. Quel Godard che già aveva fatto l'attore in Charlotte et son steak di Eric Rohmer, unico interprete ma in compagnia della voce fuori campo di Anna Karina, sua futura moglie, e di Stéphane Audran, futura moglie di Chabrol... E naturalmente si potrebbe continuare.

I primi film, tutti cortometraggi spesso a passo ridotto, dei futuri protagonisti della Nouvelle Vague sembrano uno di quei giochi di parole incrociate in cui leggendo nelle diverse direzioni si trovano sempre gli stessi nomi. Perché la Nouvelle Vague, oltre che un movimento estetico, è stata certamente anche un'operazione collettiva di presa del potere, un ricambio generazionale all'interno dell'industria cinematografica francese. Una mafia dell'entusiasmo, della giovinezza, dell'intelligenza contro la mediocrità».

(«la Repubblica»)