L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Il signor Loren e il signor Mangano

Il 19 aprile 1997 si verifica a Los Angeles un grande evento.

No, non si tratta dei 50 anni dall'assegnazione del primo Premio Oscar per il miglior film straniero (allora si chiamava “premio onorario per film in lingua straniera”) a Sciuscià (1946, di Vittorio De Sica), bensì dell'incontro per la prima volta dopo 25 anni di due produttori “mitici” del cinema italiano, che un tempo facevano addirittura ditta insieme: Carlo Ponti, nato in questo giorno, e il più giovane Dino De Laurentiis, nato il 5 agosto 1919, entrambi ormai attivi in America e per di più residenti a pochi chilometri di distanza (sic) l'uno dall'altro.

Non si può immaginare una coppia peggio assortita: il signor (riuscito) Sophia Loren e il signor (mancato) Silvana Mangano, come li definivano i maligni del tempo. Il primo, lombardo della bassa, nipote di un marchese, senatore del Regno e sindaco di Milano; il secondo, napoletano dei quartieri bassi, figlio di un piccolo produttore di spaghetti.

Eppure insieme costituiscono dal 1950 al 1956 una coppia di sicuro affidamento e di grande successo producendo tra l'altro opere importanti come Guardie e ladri di Steno e Monicelli, Europa '51 di Rossellini, L'oro di Napoli di De Sica, La strada di Fellini, Ulisse di Camerini e il kolossal Guerra e pace di Vidor (e Soldati). Entrambi si sono fatte le ossa come produttori esecutivi della Lux Film di Renato Gualino, Ponti tenendo a balia dal 1940 nomi come Soldati e Lattuada, e poi nel dopoguerra Castellani, Zampa, Germi, Comencini.

Divisosi dal socio si applica alla monocoltura (attenzione ai refusi) dedicandosi quasi completamente ai film interpretati da Sophia (ora finalmente felice moglie e madre), da La ciociara (1960) a Una giornata particolare (1977), ma non trascura ottimi e impegnativi progetti, dal Ferreri di La donna scimmia all'Antonioni di Blow-Up, Zabriskie Point e Professione: reporter, dal Godard di La donna è donna e del da lui peraltro massacrato Il disprezzo al Montaldo di Giordano Bruno. Scelte culturali coraggiose accanto a decisioni autoritarie, «rispettoso delle [loro] idee» (come lo ricorda in morte, il 10 gennaio 2007, Mario Monicelli) ma capace di grandi litigate e feroci scontri con registi quali De Sica, Ferreri, Godard. Chissà perché qualcuno lo chiamava “lo squalo”.