L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

L'ambiguo Peppone

Quando il 3 maggio 2001 la città di Bologna celebra, tra qualche contrasto, il centenario della nascita di Gino Cervi, scomparso a Castiglione della Pescaia (Grosseto) il 3 gennaio 1974 – tra le altre iniziative una mostra multimediale con manifesti, foto, documenti, nonché un montaggio video, allestita presso la Cineteca del Comune – singolare è la sintesi dell'attore tracciata da Marco Marozzi su la Repubblica: «Gino Cervi, figlio di una Bologna che rossa non era ancora, rosso non è mai stato: giovinotto fascista, poi democristiano e liberale, fin consigliere regionale nel Lazio, massone con i simboli al suo funerale, cattolico con i santini di Sant'Antonio e Padre Pio in tasca».

Del resto l'interprete di Ettore Fieramosca e di Quattro passi tra le nuvole (i due volti di Blasetti), del Cardinale Lambertini e di Cyrano di Bergerac (i due volti del teatro di repertorio), di Peppone (ruolo di “comunista” accettato di malagrazia e interpretato da “fascista”, allo stesso modo in cui sarà il federale ne La lunga notte del '43, di Vancini) e del televisivo commissario Maigret, qualche contraddizione pur doveva nutrirla..

«Dotato di grande presenza scenica e di una notevole incisività recitativa, è stato uno dei più prolifici e versatili interpreti nella storia dello spettacolo italiano, spaziando dal teatro serio a quello brillante, dal cinema alla radio e alla televisione», dicono di lui i repertori, ma quello che non ricordano è il suo essere uomo buono – o “cattivo” – per tutte le stagioni. Tanto che, forse unico tra i grandi attori del fascismo, passò indenne la temperie e che i grandi personaggi cui fu legato dal successo del pubblico (un po' meno della critica) scivolarono su di lui, come passeggeri di altrettanti taxi.

Forse perché andarono in onda fino a pochi giorni prima della sua scomparsa i “caroselli” per il brandy Vecchia Romagna, che aveva pubblicizzato per anni; il suo nome resta legato allo slogan ideato da Marcello Marchesi: «Etichetta nera, il brandy che crea un'atmosfera». Lui, pur con quella etichetta, non c'era riuscito.