L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

La Crimea è un crimine

Corsi e ricorsi, storici e cinematografici.

Centosessant'anni prima del ritorno a G7 del G8 e dell'annullamento della conferenza di Sochi, spostata più domesticamente a Bruxelles, Francia e Inghilterra dichiarano guerra alla Russia, intervenendo nel conflitto già in atto da otto mesi fra gli imperi zarista e ottomano, reo di avere accolto le proposte francesi per il controllo dei luoghi santi in territorio islamico.

La posta in gioco in realtà era ovviamente il contrasto all'eterna aspirazione russa di espandersi in direzione del Mediterraneo. Fulcro del conflitto, l'assedio di Sebastopoli, sul Mar Nero, da parte degli alleati. La piazzaforte marittima russa cadrà il 9 settembre 1855, ponendo fine a un conflitto che, per sanguinosità, durezza di quadro ambientale ed epidemiologico e spietatezza di conduzione, anticiperà, al pari dell'immediatamente successiva guerra civile americana, i futuri scontri mondiali.

«E' con profondo rammarico che Sua Maestà annuncia il fallimento dei suoi angosciosi e protratti tentativi di risparmiare, per il proprio popolo e per l'Europa, ferite alla pace». Così il comunicato ufficiale del governo della regina Vittoria. Lo sforzo bellico provocherà mal di pancia parlamentari in Gran Bretagna, e il primo ministro conte di Aberdeen dovrà lasciare il posto a lord Palmerston.

Sette mesi più tardi, il 24 ottobre, uno dei tentativi russi di forzare l'assedio a Sebastopoli avrebbe condotto alla battaglia di Balaclava, ispirante due volte il film The Charge of Light Brigade: Michael Curtiz nel 1936 (La carica dei seicento, acritico e filobellicista ma travolgente nella sequenza chiave, che pure costò la vita sul set a numerosi cavalli e a un cavalleggero) e Tony Richardson nel 1968 (I seicento di Balaklava, polemico e sferzante nel suo insistito sarcasmo). E prima il famoso componimento di Alfred Tennyson, tenuto ben presente da Curtiz e ignorato da Richardson.

Nel suo in realtà magnifico film, a Trevor Howard e John Gielgud sarebbero stati demandati i ruoli dei lords Cardigan (a capo della leggendaria brigata mandata al macello) e Raglan (responsabile supremo dell'intero corpo di spedizione: sarebbe successivamente morto di colera durante l'assedio, poche settimane prima della sua conclusione), i due comandanti inglesi dai cognomi eternati nel mondo della moda, rispettivamente per un maglione e una manica. Nel secondo conflitto mondiale li avrebbe surclassati il compatriota e collega maresciallo Montgomery, lanciando addirittura un intero cappotto! 

I due poli del catastrofico dispiegarsi dello scontro, invece, impersonati da David Hemmings (il capitano Nolan) e Harry Andrews (lord Lucan, il comandante in capo della cavalleria, che a differenza del subalterno sarebbe morto nel suo letto quasi nonagenario). "Lei" era Vanessa Redgrave, all'epoca fresca di divorzio dal regista: ruolo toccato nel film di Curtiz a Olivia de Havilland, "triangolata" tra i personaggi dei cugini Vickers, Errol Flynn e Patrick Knowles (ma in Curtiz situazioni e nomi sono di fantasia).

Il conclusivo trattato di Parigi, con restituzioni territoriali e riconoscimento della neutralità del Mar Nero da parte della Russia, farà affermare a un commentatore: «Fanno le peggiori paci dopo le migliori guerre».

Una settimana prima, il 20 marzo, nel regno di Sardegna il primo governo Cavour aveva fatto approvare una nuova legge sul reclutamento di leva, quasi presago dell'imminente intervento (anche allora...) in Crimea.

Sette anni dopo, il 27 marzo 1861, tre mesi prima di morire e tre giorni dopo l'entrata in carica del suo quarto e ultimo ministero, Cavour sarebbe anche riuscito a far proclamare nominalmente Roma capitale d'Italia (anche se si sarebbe dovuto aspettare ancora quasi un decennio per l'attuazione).

Il lunista di complemento è doppiamente contento di ricordarlo perché, dopo aver vissuto i primi vent'anni della propria vita nel bel Corso “XXVII Marzo” dell'amatissima cittadina natale (patria di Arbasino e di Valentino, di Emiliani e di Turani, di Sandro Bolchi e di Pino Calvi, di Bruno Tacconi e soprattutto dell'immortale Casalinga), ha poi finalmente capito perché si chiama così.