L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

PPP e la censura

La magistratura romana sequestra il film di Pasolini Teorema per oscenità, benché il film sia stato premiato dall'OCIC (Office catholique international cinématographique), spesso non allineato alle gerarche ecclesiastiche, indignate dalle scene di sesso esplicito sia etero che omosessuale.

Quale il vero scandalo? Una Milano metafisica fa da semplice sfondo, connotata da semplici simboli (dal liceo Parini ai capannoni dell’Innocenti, da San Siro alla Stazione Centrale, dall’Olona ad anonime periferie che preludono alla campagna lodigiana), alla comparsa di un angelico ospite misterioso il cui eros non fa distinzioni né di età né di genere (madre, padre, figlia, figlio, domestica compresa) ma che prelude alla disgregazione, anzi all’implosione, della famiglia di un industriale. Un film marx-freudiano con venature mistiche, sotteso tra la spoliazione (il capofamiglia che decide di donare la propria fabbrica agli operai: forma estrema di neocapitalismo?) e la levitazione messa in opera dall’unico personaggio umile e innocente della vicenda, entrambi destinati a concludersi nella sabbia vulcanica o nella nera terra, con un urlo liberatorio o con un pianto consolatorio.

Quanto bastava alla Procura della Repubblica di Roma. Seguita da quella di Genova, per sequestrare la pellicola con motivazioni di presunta amoralità. Dopo un processo in cui sia il regista che il produttore Donato Leoni rischiarono la reclusione e la pellicola la distruzione, il Tribunale di Venezia (dove Teorema era stato presentato in anteprima alla Mostra del Cinema) assolse il film in quanto non sconvolgente dal punto di vista sessuale ma piuttosto da quello ideologico e mistico.

È noto che Pasolini ebbe numerose disavventure giudiziarie, a causa della sua produzione letteraria ma ancor più da quella cinematografica. I capi d’accusa e le relative inquisizioni che lo perseguitarono furono impressionanti. Ci rifacciamo in parte a fonti Wikipedia.
Il primo eclatante caso è legato ad Accattone. Violente polemiche seguirono la proiezione alla Mostra di Venezia, l’allora Ministro del Turismo e Spettacolo (siamo nel 1961) vietò il film ai minori di 18 anni (anziché di 16), agendo prima ancora che fosse definita una precisa normativa in materia. Il film venne ripetutamente boicottato e Pasolini fu vittima di un quasi-linciaggio da parte di un gruppo di neofascisti.

Mamma Roma, proiettato anch'esso alla Mostra del cinema, venne denunciato dal tenente colonnello Giulio Fabi alla procura della Repubblica di Venezia per offesa al comune senso della morale e per il contenuto osceno.

La proiezione di La ricotta, il 1° marzo del 1963, fu interrotta dai carabinieri. Pasolini venne condannato a 4 mesi di reclusione con la condizionale. Alla condanna seguì l’assoluzione in appello e, successivamente al ricorso in cassazione del procuratore generale di corte d’appello, l’annullamento della sentenza, che non darà luogo ad alcuna condanna visto che un’amnistia aveva cancellato il reato. Il dissequestro della versione originale, priva dei tagli, fu ordinato solo nel 1968.

Quanto alla “trilogia della vita”, Decameron, subì una persecuzione continua, con denunce da tutte le parti del paese, e venne sequestrato. Il procuratore della Repubblica di Benevento (dove fu proiettato per la prima volta I racconti di Canterbury) accusò Pasolini di oscenità. Dopo tre giorni, e su richiesta del P.M., il giudice istruttore archiviò la denuncia. Il film venne giudicato quattro volte e quattro volte prosciolto dall’accusa di oscenità. Altre otto denunce arrivano alle procure di: Mantova, Viterbo, Frosinone, Venezia, Latina. Il fiore delle Mille e una Notte, prima ancora di essere immesso nel circuito cinematografico, venne denunciato da una donna che l’aveva visto in anteprima, ma il giudice istruttore del tribunale di Milano decretò di non doversi promuovere azione penale.

E, in ultimo, il processo postumo cui fu sottoposto Salò o le 120 giornate di Sodoma: il film venne censurato e se ne vietò la distribuzione. Il divieto venne annullato nel dicembre del ’75, ma seguì una denuncia dell’Associazione nazionale per il buoncostume all’autorità amministrativa. Il ricorso in appello portò all’assoluzione e al dissequestro del film solo a condizione di alcuni tagli. Il film venne tagliato per un totale di cinque minuti. Ma ormai Pasolini non poteva più difendersi, anche se poteva ancora colpire...