L'altra faccia delle lune

L'altra faccia delle lune

Spilungona coscialunga

Quando nel 1973 “Pupetta” compare, accanto a un Lino Banfi alle sue prime armi, in Il brigadiere Zaccaria ama la mamma e la polizia, forse è inconsapevole di passare alla storia – perlomeno del trash – come immagine di una piacente donna gigantesca e manesca, quasi una virago, pronta più agli sganassoni che ai voyeuristici piaceri del letto che il genere celebra.

Ma sarebbe proprio quel genere del pornosoft all'italiana a caratterizzare da allora la sua carriera, appunto in ruoli di donne autoritarie e pronte allo scontro fisico, spesso facendo coppia con lo stesso Banfi o con Mario Carotenuto, nelle parti di mariti sottomessi con aspirazioni fedifraghe. E come donna deve vedersela con le varie Edvige Fenech, Lilli Carati, Gloria Guida, Anna Maria Rizzoli, Nadia Cassini svestite quanto lei non lo è praticamente mai. Ed eccola comparire nei vari Giovannona Coscialunga, disonorata con onore (Martino, 1973), L'insegnante (1975, Cicero), La portiera nuda (1976, Cozzi), La compagna di banco (1977, Laurenti), L'insegnante balla... con tutta la classe (1978, Carnimeo), L'insegnante al mare con tutta la classe (1979, Tarantini), L'infermiera di notte (1979, Laurenti), La settimana al mare (1981, Laurenti).

Stiamo parlando di Francesca Romana Coluzzi, nata in questo giorno nell'albanese Tirana da padre epidemiologo umbro e da madre educatrice tedesca, e scomparsa a soli 66 anni. Contribuiscono a forgiarne modi e aspetto la pur breve attività di stuntwoman e di controfigura subacquea, e anche il primo ruolo importante, quello in Serafino (1968, Germi) ove è la rustica e manesca Asmara. Tentata la via della scenografa, è Tarsilla Tettamanzi in Venga a prendere il caffè da noi (1970, Lattuada), con relativo Nastro d'argento, e non sfigura in L'amante dell'Orsa Maggiore (1971. Orsini), prima di tradire il suo indubbio talento drammatico e di cedere alle lusinghe, appunto, della commedia sexy e del comico di bassa levatura. La rivedremo, molti anni dopo, in La via degli Angeli (1999) grazie a un ripescatore di vecchie glorie quale Pupi Avati, ma nel frattempo ha fondato o a Roma (1985) un importante laboratorio teatrale, “Il Minestrone”, che, guidato dalla figlia Sveva, le sopravvive. Onore alla spilungona.