Ping Pong

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Una storia vera (20)

La vita però è anche buffa. E dopo il racconto di guerra, ecco la scena un po' scema dei meccanici fratelli gemelli. Siamo di nuovo in piena commedia (rurale), del tipo gentile e naif. E siamo ancora sull'altra faccia della luna lynchana, quella che ribalta i suoi temi, ossessioni, inquietudini, non senza una certa autoironia.

Alvin osserva divertito (al minuto 79) questi omini col cappellino rosso e la salopette di jeans (ricordano un po' Super Mario Bros) che litigano e si guardano in cagnesco. E' arrivato il momento di pagare. Il più giovane ci prova, guardandolo speranzoso (la speranza che Alvin sia un pollo da spennare): 247 dollari e 80. “E' un po' tanto per un lavoretto da poco”. Lui ha occhi da vecchio, ma vede benissimo che le ruote sono usate, che la manodopera comprende il tempo perso a litigare, che l'olio è troppo caro. Rifanno i conti: 180 dollari. “Perfetto!”, dice Alvin, mentre i gemelli stanno a rimuginare sui soldi che hanno perso in quella conversazione.

La scena è ripresa in campo e controcampo, da una parte Alvin e dall'altra i fratelli in coppia, e si capisce perché: dopo la commedia arriva la lezione di vita. Alvin spiega che non vede suo fratello da dieci anni: “Nessuno conosce la tua vita meglio di un fratello che ha quasi la tua età. Sa chi sei e cosa sei meglio di chiunque altro”. I gemelli cominciano a capire. Alvin, ancora una volta, spiega il senso del suo viaggio a degli sconosciuti. L'aveva già fatto con la ragazza autostoppista. L'ha ripetuto con i ciclisti in campeggio. Ora tocca ai gemelli buffi.

Con Alvin non si parla mai del più e del meno, le conversazioni non sono banali, anche le cose più piccole servono a capire quelle più grandi, il senso, il perché, senza troppa filosofia. “Mio fratello e io ci siamo detti delle cose imperdonabili l'ultima vista che ci siamo visti. Sto cercando di buttarmele alle spalle. Questo viaggio è duro da mandare giù per il mio orgoglio, ma spero di non arrivare tardi”. I gemelli, in controcampo, hanno tutto il tempo per capire di avere ancora tempo.

Due stacchi e torna la musica del viaggio, del sentimento, della distanza, il dolce e l'amaro. “Un fratello è un fratello”, dice Alvin, alla fine. Che è un po' come dire che un afferra-oggetti serve ad afferrare oggetti. La realtà è la realtà. Poi ci sono i pensieri, i concetti, le interpretazioni, le complicazioni della vita. La cosa sarebbe quasi mistica, se non fosse così poeticamente e vigorosamente concreta, laica, terrestre, celeste (e quindi sì, mistica davvero).

Uno stacco ci riporta nel giardino di Danny. Siamo agli addii, con la mdp che si avvicina appena, per farci capire che quello sembra un momento qualunque e invece è un importante qualunque momento. Alvin partirà molto presto e quindi non sarà possibile salutarsi domani mattina. Ma ora si alza in piedi, con tutta la fatica dell'età, e si toglie il cappello. Ecco cosa fanno gli esseri umani quando si incontrano lungo la via e si aiutano e si conoscono e si salutano e si rispettano. E' così semplice. Così solenne.

Il tempo di sottolineare il gesto e subito Lynch stacca sul primo piano, mentre Danny si alza per celebrare la solennità del momento. Sono in piedi, tutti e due. “Grazie per essere stati così gentili con un estraneo”. “E' stato un vero piacere averti qui, Alvin”. Si stringono la mano. Nero. C'è bisogno di dire o fare altro?

L'alba, l'ennesima alba, ci riporta davanti all'ennesima finestra. Danny osserva Alvin che se ne va. Ancora una volta coincidiamo con il sentimento di chi guarda. Ancora una volta vediamo Alvin là fuori, oltre la finestra, e pensiamo che tipo strano e straordinario è: ma da quale pianeta arriva? Dal passato? Da un luogo dello spirito? La sua etica, il suo stile, il suo modo di essere, sono qualcosa che abbiamo perso per sempre?

Ecco di nuovo Alvin sulla strada. Anzi, sembra quasi di essere tornati alla partenza. La stessa strada da dove è cominciato il viaggio...