2001: Odissea nello spazio, il ritorno

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Oggi domani, 4 e 5 giugno, il capolavoro di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio torna nei cinema per il 50° anniversario della sua uscita. La versione è quella restaurata da Christopher Nolan e di recente presentata al Festival di Cannes, che conserva il formato originale in 70 mm e lascia inalterato il lavoro del regista. 

Cineforum celebra questi due giorni di proiezioni recuperando dal proprio archivio un testo dello stesso Kubrick sul film. Ne pubblichiamo degli estratti, mentre tutto il testo è possibile leggerlo qui, sul numero 82 della rivista.

STANLEY KUBRICK SU 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO

Fino a ora nessuno, io credo, nel cinema americano, ha avuto né il tempo né il denaro necessario per creare degli effetti visivi interessanti o per tentare di presentare in modo realistico dei soggetti di fantascienza. 2001: Odissea nello spazio è più una storia mitologica che una storia di fantascienza. Per me le migliori opere di fantascienza sono quelle che sono anche mitiche, che affondano il loro respiro nella mitologia.

Ciò che mi ha spinto a scegliere questo soggetto piuttosto che un altro, è che molti scienziati e astronomi credono che l'Universo tutto intero sia abitato dall'intelligenza. Essi lo pensano, perché il numero di stelle nella nostra galassia è di circa cento miliardi, e il numero delle galassie nell'universo visibile è ancora di cento miliardi, e questo fa sì che il numero di soli nell'universo visibile sia ancora di cento miliardi e questo fa sì che… Potrei continuare all’infinito, come avviene nella Bibbia quando si contano le tribù di Giuda. La loro teoria è che il mondo planetario non si è formato in modo accidentale, ma secondo leggi, e che la vita ne è perciò una conseguenza inevitabile […].

L'idea centrale del mio film è che l'astronauta risorge sotto forma superiore. È già un angelo o un superuomo. Egli ritorna sulla terra alla maniera degli eroi mitologici. Questo è lo schema di tutti i miti, o quasi: l'eroe discende in un mondo magico che rappresenta un grande rischio e pericolo; egli è trascinato in ogni sorta di avventure terrificanti e poi ritorna trasformato in un modo o nell'altro, trasfigurato. Egli è diventato un altro essere. E d’altra parte ci sono oggi teorie che dicono che il contatto con le entità sovrumane che popolano l'universo) potrebbe costituire il passo che farà dell'uomo qualche cosa di più di quello che è oggi.

I film cosiddetti di fantascienza che sono stati fatti e che ancor oggi vengono concepiti sono, a mio parere, delle inchieste sociologiche nella dimensione della fantasia. Ma quasi nessuno entra nel mondo delle forme ultime dell'intelligenza.

Nel mio film possiamo considerare quattro momenti distinti, legati da una idea comune. Il film ha come soggetto di fondo una idea di Arthur Clarke, ma si può dire che le sequenze con la scimmia costituiscono una prima storia; quelle sulla luna un’altra; le relazioni con Hal e l’assassinio di Hal una terza; e la fine una quarta. Vorrei quasi dire che il film è come un documentario magico diviso in quattro parti. Ho cercato di fare in modo che niente di importante fosse detto con i dialoghi, ma che venisse invece tradotto visivamente o in termini di azione. Nonostante la fine sia molto allusiva, per cui molti spettatori potrebbero avere difficoltà a darne una spiegazione, il film li raggiunge attraverso i sentimenti.

Si può entrare in contatto con lo spettatore al livello psicologico ed emozionale e culturale, come pure attraverso la presa delle idee. Io credo che se le stesse cose venissero espresse verbalmente – con tutta la bravura possibile – gli ostacoli culturali diverrebbero quasi insormontabili. Il film raggiunge lo spettatore ad un livello e a una pro- fondità più fluida, quasi ai limiti del subconscio.

La gente comprende, ma chiede una conferma. Essi sono sopraffatti perché sentono qualche cosa senza poterlo esprimere. E questo fa si che il film prolunga in essi il suo effetto all'infinito. Essi ne sono presi anche dopo la proiezione.

La musica che io ho usato è quella di Strauss, è molto bella, specialmente quando è diretta e suonata da Herbert Von Karajan e risponde ai miei intendimenti; questa musica è stata spesso associata a cose e a immagini banali. Essa sottolinea gli aspetti graziosi delle realizzazioni umane di questa nostra epoca, e nello stesso tempo non appare con riflessi futuristi, poiché quando giungerà il tempo in cui verranno costruiti degli hotel Hilton nelle stazioni spaziali la loro musica non apparirà né futurista, né strana, sarà solo della musica di tutti i giorni, poiché la nozione del tempo allora non avrà senso né valore.

[…] Accade che la musica vivifichi qualche cosa che è dentro l'immagine, cioè, lo commenta o lo approfondisce. Per esempio quando l'astronauta gira attorno al vascello spaziale; senza quella musica triste e con un forte timbro di solitudine., si sarebbe potuto pensare che quel giro “era meraviglioso, e che il mondo era bello…”. Così anche per i rumori, l'affanno del respiro era per sottolineare la tenuità di un legame che li legava alla vita, un respiro dentro l'ostilità dello spazio. Questo mi è sembrato un suono pieno di suspense. Io ho cercato di considerare certe sequenze come fossero inserite in una commedia musicale; un balletto nello spazio, solamente che invece di esserci della gente che canta e che danza, ci sono fantastici vascelli spaziali che girano. Mi è sembrato che fosse più efficace ed espressivo te- nere un brano di musica ininterrotta per dare la impressione di una sequenza musicale.

Noi abbiamo inventato delle tecniche nuove per ottenere questi risultati. Spesso il motivo che determina la cattiva qualità di certi film è perché non si è stati capaci di trovare dei mezzi tecnici adeguati al tema e all'azione. Ho voluto che il pubblico credesse a tutto ciò che avviene nel film. Certamente un viaggio in un'altra dimensione della realtà fisica e umana deve essere una esperienza terrificante, anche se porta ad uno scopo benefico o vivificatorio. Così ogni piccolo dettaglio era importante e significativo; bisognava mostrare nel corso dell'azione tutti gli atti appartenenti alla vita quotidiana in modo da rendere verosimili tutte le cose più difficili e strane che avvengono nel film.

Il film 2001: Odissea nello spazio è stato anche per me una meravigliosa avventura, un viaggio indimenticabile nella fantasia e nell'ignoto; in qualche momento ho provato la sensazione di trovarmi nel vero. Ma il poeta Dobzynski mi richiama alla realtà con le sue parole, «il sogno svanisce nello spazio, e crea un altro sogno nel tempo».