Concorso

Loving di Jeff Nichols

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È esistito da sempre un certo tipo di cinema americano capace di farci sperare che il mondo in cui viviamo possa essere un posto basato su valori in cui credere ciecamente; un cinema in grado di raccontare storie in cui non esistono dubbi su cosa sia giusto e cosa sbagliato, e nelle quali non è un'utopia credere nell'amore e nella giustizia. Ed è sicuramente interessante vedere come oggi, dopo anni di cinismo posmoderno, stia tornando in maniera sempre più decisa la necessità di ricreare sullo schermo un'idea di mondo in cui credere, in modo da rendere più digeribile la frammentarietà della nostra quotidianità nella quale siamo intrappolati.
 
Un regista che sembra aver intrapreso questa strada è sicuramente Jeff Nichols, che dopo aver tentato un processo di rieducazione alla meraviglia con Midnight Special, ha sentito la necessità di dover raccontare una storia che aspirasse a descrivere la società americana ripartendo dalle fondamenta, quasi a voler ristabilire la giusta gerarchia di certi valori fondamentali.


Loving si ispira alla storia vera di Richard e Mildred Loving, lui bianco, lei di colore, la cui relazione fu dichiarata fuorilegge dallo stato della Virginia verso la fine degli anni ’50, quando il matrimonio interrazziale era ancora vietato, conducendoli a una lotta di nove anni per conquistare il diritto di vivere come una famiglia nella loro città natale.
 
È ovviamente chiaro fin da subito il messaggio che Nichols vuole veicolare, ed è evidente come abbia deciso di farlo: mettendosi totalmente al servizio della storia, quasi nascondendosi. E così, dopo una prima parte più “alla Nichols”, in cui quasi tutto ci viene mostrato con le immagini e non spiegato a parole, il regista di Mud architetta un’invadente sequenza dal montaggio alternato, nella quale mentre Richard si sta arrampicando in cima a un cantiere per completare il muro di una casa, rischiando di venire travolto da un sacco di cemento, uno dei suoi figli, giocando a baseball con i fratelli, viene investito da un’auto. Sarà quello il momento in cui la coppia deciderà di  tornare a tutti costi nella propria città, smettendo di adeguare la propria vita a un posto che non  appartiene loro, con la consapevolezza di dover ripartire da fondamenta adeguate su cui costruire un futuro solido, senza il rischio che ogni cosa possa crollare da un momento all’altro.
 
Da qui in avanti, anche la regia si adeguerà alla scelta dei protagonisti, rinunciando a un impianto visivo ricercato e autoriale per lasciare più spazio alle parole: il testimone di portare avanti il racconto passa così al personaggio di Mildred, che a differenza del marito, che da subito dimostra di preferire l’azione alle parole, vuole che la loro storia venga narrata dai giornali e diventi di dominio pubblico, così che tutti possano capire che vivere con la persona ama deve essere la cosa più naturale e normale.


Esattamente questo è Loving di Jeff Nichols: un film semplice e chiaro come il suo titolo, che rinuncia consapevolmente a un discorso sottinteso e ricercato, perché conscio dell’importanza in questo momento storico di ricominciare (o continuare) a raccontare, attraverso il cinema, un’idea di mondo (non solo) americano in cui tutti vorrebbero abitare.