Concorso

EO di Jerzy Skolimowski

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Un suono, EO. E-O. EEE-OOO. Un verso. Un'esternazione. È un accento. Non è soltanto una voce. È uno strepito. L'urlo, titolava un film – magnifico - di Skolimowski di tanti anni fa (in italiano L'australiano). Questo ciuchino grida. L'asino di Jerzy Skolimowski, che guarda al Balthazar di Bresson unicamente in qualità di immagine votiva, crede alle preghiere e alle lacrime. Crede nella forza e nella determinazione. Crede, eccome!, nello sguardo.

EO, così onomatopeicamente si chiama la bestia, attraversa la vita e l'Europa unita, la geografia globalizzata e il privato più indicibile (sui confini dell'incesto, perciò ai confini dell'impero): e guarda, osserva, reaction shot, agisce, mima (un calcio di rigore), strilla e ammutolisce, resta e fugge. La violenza EO la vede e la subisce. Tanto il suo destino è già segnato. Una scarica elettrica. Addio al mondo. Ma finché c'è, il mondo, mostruoso e inaffrontabile, feroce e indifferente, sanguinoso e cieco, probabilmente merita di essere vissuto. Percorso. Camminato. Visto.

In disequilibrio assurdo – ah, l'assurdità – tra costrizione e furia, tra restrizione e estasi libera. Che sono i movimenti e i tratti di tutto il cinema di questo straordinario cineasta di origini polacche, ancora troppo poco capito, almeno nei suoi inverecondi impulsi espressionistici. Che sono i più facili da attaccare, i più comodi da disprezzare. Ma Skolimowski, il cui vero capolavoro non è La ragazza del bagno pubblico (peraltro sublime) ma Moonlighting - Cittadini di nessuno, cioè un film politico in forma di incubo kammerspiel e progressivo sbriciolamento dell'io come fallimento di ogni illusione di pertinenza, ossia i medesimi contorni, le medesime istanze di ogni suo film, EO compreso, anzi, EO ancora di più, con maggiore prepotenza, è un regista che non ha mai privilegiato l'argomento sull'immagine. Quest'ultima, al contrario, anche nei momenti più riusciti gli ha sempre preso la mano. Grazie al cielo!

Le immagini, per Skolimowski, sono chiamate non a indicare (una via) o a implicare (un significato), bensì a concepire. Inventare. EO trasforma l'antropomorfismo e l'antispecismo in una cascata travolgente di vettori e di colori visivi. Un film selvaggio e ferino come potrebbe esserlo Jodorowsky, di cui sembra replicare anche l'elementarità dell'allegoria. Un film che scende in picchiata e sbanda, che ricorda e ritorna, che assorda e complica. Un film folle, un film non parlato. Un tour de force di purissima e ineducata messa in scena, al di là di qualunque lesa maestà: perché la messa in scena, per Skolimowski, equivale propriamente al senso dell'esistenza dell'asinello EO, è cioè una brutale trance; un'anagogia impetuosa.