Suspiria di Dario Argento

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A inizio anno è uscito nelle sale per il suo quarantennale Suspiria di Dario Argento in versione restaurata 4k. Questa sera, Rai4 (canale HD 521) ce lo ripropone alle 22:55. Ermanno Comuzio ne scriveva su Cineforum 164 (qui la versione completa, con un confronto con Carrie - Lo sguardo di Satana di De Palma).


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Suspiria è della famiglia Argento: uno dirige, l'altro produce, un altro ancora organizza (e il Dario, regista, impastrocchia anche la musica, che fa eseguire ai Goblin). Cos'è Suspiria? Un film in cui naturalmente si sospira molto. E si geme, si soffia, si boccheggia, si emettono strani suoni: la colonna sonora è piena da cima a fondo di ruggiti e di colpi di tamburo, di musica elettronica e di tuoni (due sono gli uragani che si scatenano attorno ai personaggi). La storia riguarda una ragazza americana (attrice Jessica Harper) che va in Germania per perfezionarsi nella danza classica. È ospite di una specie di convitto-scuola, capitanata da due mature signore. Alida Valli e Joan Bennett, in questo istituto, sito in una casa fuori mano dall'architettura già di per sé allucinante, arredata con gusto liberty e illuminata da colori violenti, la ragazza dovrebbe diventare il non plus ultra della danza (strano, sembra una scoletta parrocchiale, quanto a livello tersicoreo) ma invece è testimone di cose turche. C'è una ragazza che, in apertura di film, viene sgozzata da un coltello che le entra nel cuore (il particolare è mostrato in tutta evidenza), poi tocca ad un'altra ragazza, fatta fuori a rasoiate, poi un pianista cieco viene sbranato dal cane (con relativi particolari delle zanne che strappano dal collo del malcapitato esofagi, canali respiratori ed altri visceri), e così via.

La prode americanina che ha l'animo di un poliziotto, grazie anche all'aiuto di due studiosi di psichiatria riesce ad arrivare al bandolo della matassa, in cui c'entrano elementi stregoneschi e sataneschi. Bene. Il sangue che scorre è tanto, i particolari raccapriccianti si sprecano, e soprattutto si sprecano i rumori e i suoni, come dicevo. Ma soprattutto siamo dentro in questa atmosfera allucinata subito fin dall’inizio in un universo che vorrebbe essere angoscioso ma che troppo pesante per reggersi sulla corda tesa dell’attenzione, diventa alla fin fine monotono e “normale”, è chiaro: se uno parla tranquillo con voi e ad un tratto getta un urlo improvviso, vi fa cagliare il sangue; ma se state davanti per due ore di fila ad uno che urla ininterrottamente, dopo un po' vi abituate e siete anche capaci di fare le parole incrociate intanto che lui tiene la bocca spalancata.

Siamo insomma ad un concetto grossolano del film “fantastico”, basato sugli effetti, nonché sui rimandi. L'impossibile casa ricorda quella di Rosemary's Baby, il pipistrello che svolazza nei capelli della protagonista fa pensare a Hitchcock, l’ambiguità di certi personaggi che parlano rumeno ci avvicina a Dracula, l'impalpabilità di certi esseri fa pensare a L'uomo invisibile, lo sbracamento dell’occulto rimanda a L’esorcista. Spargendo omaggi a destra e a sinistra, non è che Dario Argento dia prova di eccessiva originalità. Ma la cosa più grave è che sembra di essere nel castello delle streghe in fiera, perché tutto è urlato dal principio alla fine, senza quella elementare progressione dei fatti, quella “preparazione” attraverso un apparente “normalità” , che ti conduce a poco a poco ad accettare l'inquietudine dei “segnali” sparsi sul cammino, fino al fatto straordinario che sublima tutto.

Un esempio di questo modo di raccontare, che è quello giusto per questo “genere”, è Carrie, lo sguardo di Satana di Brian De Palma (il regista di Il fantasma del palcoscenico, Le due sorelle, Complesso di colpa): l'esposizione di un ambiente ordinario, quotidiano, la semina di piccoli fatti strani, l'esplosione dell’elemento fantastico, lo sfruttamento drammatico del medesimo fino alla catastrofe e il risvolto finale con un “coup-de-théatre” che conclude in bellezza, con quella certa dose di vigliaccheria maliziosa che non guasta.

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