Long Play - concorso documentari

Stuck di Michael Berry

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Facciamo un esperimento: ora di punta, metropolitana di New York (ma potremmo scegliere una qualsiasi altra città: Parigi, Milano o Berlino), prendiamo un vagone a caso, blocchiamolo e isoliamolo dal mondo. La possibilità che le persone al suo interno siano estremamente differenti per età, sesso, estrazione sociale e livello culturale è alta, potremmo dire massima.

Questo è l’idea alla base di Stuck, musical scritto da Riley Thomas e qui diretto da Michael Barry, inizialmente pensato e realizzato per il teatro, adattato poi al cinema per la regia di Michael Barry (che ha dovuto faticare non poco per poter riprendere gli attori negli spazi angusti di un vero vagone – la  ricostruzione è stata scartata sia per questioni di budget sia per una maggiore veridicità – ed evitare l'effetto riflettente dei finestrini posti da entrambi i lati).

Nel caso di Stuck il numero delle persone immobilizzate è sei, campionario minimo che descrive i milioni di individui che quotidianamente invadono la metropolitana di New York, costrette a un'interazione forzata che in nessun altra occasione sarebbe avvenuta.

Cosa può succedere? Banale dire che nessuno di loro vorrebbe trovarsi lì se non per arrivare dovè diretto, tranne Lloyd, l'homeless che sulla metro ci vive e che approfitta dell'impossibilità altrui di muoversi per mettere in scena l'Amleto, in cambio, ça va sans dire, di soldi.

Anche il palpabile disagio iniziale è ovvio. Come è ovvio, per la direzione presa dal film, il seguito: dopo i primi screzi e l'esternazione dei pregiudizi più scontati, in un fuoco incrociato di vittime e carnefici, a poco a poco la sfiducia scema. Tutti rivelano una sofferenza che li rende uguali nel dolore, l'unico di cui non sapremo mai nulla è Lloyd, il solo a rimanere sulla metro una volta ripartita e inondata di altre facce da osservare e allietare con le proprie esibizioni. Essere fiduciosi è l’unica soluzione, un buon inizio per una convivenza tollerante: il musical è la forma migliore possibile per mettere in scena questa fiaba moderna senza pretese e senza sentenze, che ovviamente come ogni fiaba necessita di un lieto fine…