Chi si aspettava i vertici calligrafici di Rouge o di Everlasting Regret potrebbe rimanere deluso da questo nuovo film di Stanley Kwan, o avere il sospetto che si tratti di un film minore, se non addirittura sintomatico di un ripiegamento un po’ senile. In realtà quest’ultima prova del regista di Lan Yu è un film assolutamente coerente con il suo percorso autoriale.
Le donne, innanzitutto. È un film tutto di donne, First Night Nerves: cis e trans, etero, lesbiche o bisessuali, lo spazio che lasciano agli uomini è limitato all’essenziale. Kwan raduna un coro di donne, di icone contemporanee della scena hongkonghese, per raccontare gli ultimi venti anni di quella società, dopo la riannessione alla Cina. Le riunisce intorno all’ultima settimana di prove di uno spettacolo teatrale, che vede a confronto Yuan Xiuling (Sammi Cheng), raffinata interprete, estremamente riservata, che torna dopo tempo a calcare le scene (e che è un po’ anche l’alter-ego di Anita Mui, che fu la protagonista di Rouge) e He Yuwen (Gigi Leung), una starlette televisiva finto-ingenua, decisamente in ascesa.
Il dramma si intitola Two Sisters, ed è qualcosa in bilico tra Chekov e Tennessee Williams, e l’allestimento dello spettacolo diventa, per Kwan, l’occasione per mettere sullo stesso palco, davanti allo stesso obiettivo, anime e prospettive differenti, strati diversi della società. E lo fa lasciando emergere in filigrana riferimenti a capisaldi della storia del cinema, caratterizzando le sue protagoniste, però, non solo come agguerrite rivali (senza che arrivino mai a essere davvero troppo sadiche, però), alla Aldrich o ricche e famose, alla Cukor, ma cavando anche, tra le pieghe, nel loro passato e nel loro entourage, un’umanità e un senso di solidarietà che forse nei modelli originali di cui sopra non era mai esattamente in luce, e che è il motore di un progressivo appianamento dei conflitti.
Certo, il primo impatto è quasi da soap d’alto bordo, con una segmentazione del montaggio a tratti frenetica, ma la macchina da presa sembra acquietarsi e ritrovare la consueta, fluida eleganza sul palco del teatro e frugando tra le quinte; d’altronde, a ben guardare, Kwan sembra proprio ricordare come tanto, se non tutto, sia cambiato, sottoposto a una radicale metamorfosi, dopo la riunificazione con la Cina continentale: il regista e drammaturgo veterano della scena teatrale (Kam Kwok Leung) è diventato a tutti gli effetti donna (anche se tutti si rivolgono a lei usando il maschile), mentre il regista cinematografico, Blackie (Matt Chow, vero regista e sceneggiatore), è diventato un tassista, perché non ci sono più i capitali di un tempo nell’industria cinematografica hongkonghese, e un reddito stabile è una benedizione.
Chiaramente è difficile sfuggire alla tentazione di vedere in First Night Nerves e nel dramma teatrale stesso, già dal titolo, un’interpretazione metaforica delle difficoltà affrontate nella riunificazione con la terraferma, e del loro, almeno parziale, superamento: nel finale, dolcemente didascalico, riprese di spalle di fronte al Queen’s Pier demolito, e al Victoria Harbour non più ampio come un tempo, le due protagoniste riappacificate, dopo essersi raccontate reciprocamente la disistima dei propri padri nei loro confronti, respirano improvvisamente all’unisono; Yuwen, levando le mani al cielo esclama “il Signore ci aveva dato il vecchio porto, il Signore se l’è preso, ora l’onere è tutto su di noi”; “si tira avanti meglio, col tuo Signore”, non tarda a rispondere Xiuling, finalmente serena.