Concorso

Mona Lisa and the Blood Moon di Ana Lily Amirpour

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Quando nel 2013 uscì A Girl Walks Home Alone at Night quasi tutti gridarono al miracolo: uno "spaghetti western iraniano sui vampiri” girato in un cinemascope spettrale e onirico che valse all’allora trentaduenne Ana Lily Amirpour l’etichetta di nuovo volto dell’horror-indie d’autore. Così, dopo essere rimasta schiacciata dalle dimensioni di un progetto troppo ambizioso e farraginoso come The Bad Batch, sembra essere tornata sui propri passi. Mona Lisa and the Blood Moon è infatti il film speculare di A Girl Walks Home Alone at Night, una sorta di reboot che ne ribalta la prospettiva e il punto d’arrivo.

Ritroviamo la notte con le sue deformità, i freaks, gli emarginati e gli oppressi; ci sono i superpoteri, il pulp, gli incontri salvifici, le fragilità e le contraddizioni. In questo caso c’è una ragazza con poteri ipnotici che, dopo essere scappata da un manicomio dov’era rimasta rinchiusa per anni, si ritrova a vagare senza meta per le vie di un’alienata New Orleans. Lì viene intercettata per caso da una stripper squattrinata che ne coglie il potenziale e decide di sfruttarne i poteri per arricchirsi. Ecco quindi lo scarto tra le due opere: da una parte la protagonista è un vampiro apparentemente invincibile che decide di usare i propri poteri per salvare dal degrado un ragazzo in cerca d’aiuto; dall’altra una ragazza potenzialmente inarrestabile che è però totalmente impreparata al sistema malato in cui si sta inconsapevole inserendo e rischia di rimanerne imprigionata.

In questo senso Mona Lisa and the Blood Moon sembra quasi l’auto denuncia di una regista che dichiara di essersi incagliata in un mondo distorto che vuole sfruttarne il talento. La manifestazione del bisogno di essere accolta da uno sguardo nuovo che provi a capirla nel profondo e cerchi di valorizzarla in quanto outsider. Esattamente come accade alla protagonista del film, che viene salvata dal figlio della spogliarellista, un bambino di undici anni che ha ancora una visione del mondo libera da costrizioni e pregiudizi. Potrebbe quindi essere una specie di grido di aiuto, verso se stessa che deve ancora capire cosa fare del proprio talento e verso un mondo produttivo che non ha capito ancora come farla esprimere al meglio.

Potrebbe però essere solo una sovralettura nata dalla necessità di trovare qualcosa da scrivere di un film che nella sua superficialità di scrittura e nella sua banalità di messa in scena forse, in fin dei conti, ha veramente poche cose da dire. Le atmosfere ipnotiche e suggestive di A Girl Walks Home Alone at Night sono solo un ricordo: quel che resta è uno scheletro narrativo svuotato di ogni caratteristica interessante e una serie di personaggi che anziché trasmettere mistero e intrigo appaiono piatti e banali. Di Mona Lisa and the Blood Moon si salva solo un uso delle musiche spesso indovinato e la speranza che la liberazione finale della protagonista possa essere il punto di ripartenza di una regista che sembra aver un estremo bisogno di ritrovare la via di casa.