Kenneth Branagh

Assassinio sul Nilo

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Che Kenneth Branagh vedesse il suo Hercule Poirot come una sorta di supereroe lo si poteva evincere anche dal precedente Assassinio sull’Orient Express (2017). In questo nuovo capitolo di quella che sembra essere strutturata come una saga a tutti gli effetti, non ci sono più dubbi. Assassinio sul Nilo si apre con un prologo che è una origin story. Il regista racconta la nascita della maschera (i baffi) del detective e getta le coordinate sulle quali baserà la narrazione. Sul finale,  Poirot deciderà di tornare alla sua “vera natura”, accantonando così il suo alter ego chiudendo quindi il più classico dei percorsi da supereroe. In mezzo ci sono vita, morte e miracoli di un’icona che ha come ambizione quella di far riscoprire un gusto per il cinema ormai andato perduto.

Folgorato infatti dall’esperienza sui set di Christopher Nolan, il regista opta nuovamente per la pellicola 65mm gettando il suo guanto di sfida contro il digitale. Prova a costruire un nuovo (?) immaginario, un universo dominato da un posticcio fotorealismo in cui sono proprio gli effetti digitali poco amalgamati a restituire il sentore di una pellicola d’altri tempi, vecchia. Eppure proprio su questa fascinazione per l’antico si basa l’intero progetto: le piramidi, i templi, un detective di altra epoca e una messa in scena che vuole provare a far gustare al bulimico sguardo contemporaneo un’esperienza di slow cinema basata sulla contemplazione delle immagini e del mistero narrativo.

Esattamente come fu per Assassinio sull’Orient Express, Branagh opta quindi per un’impostazione più teatrale in cui dal un lato i personaggi devono recitare per ingannare lo sguardo di Poirot, dall’altro gli interpreti sono chiamati a soddisfare le richieste del regista che interpreta proprio il celebre detective. Questa componente metacinematografica è di sicuro l’aspetto più interessante del progetto, così come la presenza preponderante degli spazi scenografici. Il treno del primo film e il battello di questa sorta di sequel sono palcoscenici curati e studiati nei minimi dettagli. La macchina da presa si muove come una scacchiera, sondando spazi, geometrie e riflessi di un set che si trasforma in una gabbia soffocante per le mine vaganti che lo abitano.

Assassinio sul Nilo ha quindi tutte le premesse per dimostrarsi un divertissement, ma pecca proprio nel momento in cui pensa di volere o di potere ambire a qualche impianto teorico più complesso. Branagh, un regista che spesso e volentieri perde il senso della misura, prova ad alzare l’asticella rispetto al sorprendente successo di pubblico ottenuto nel 2017. Tratta quella del Nilo come una storia di torbido amore (cosa che di fatto è), giocando sulle smorfie degli attori, i colori, il sudore della fronte e la calda luce arancione delle sabbie d’Egitto. Il film dovrebbe essere questo: rosso d’amore e rosso sangue, vendetta privata e melodrammatica, un whodunnit godibile e misterioso in cui il pubblico gareggia con il protagonista a scoprire per primo la verità.

Invece emerge da subito (l’incipit nelle trincee della Prima guerra mondiale) che il tenore è un altro, che i modelli sono altri e anche lo scopo ultimo del film sembra distaccarsi dalla sua matrice più popolare (e per questo motivo nobile). Assassinio sul Nilo è un progetto pachidermico che risente di tutta la sua elefantiaca dimensione. In ogni inquadratura, su ogni stacco di montaggio sembra di sentire cigolare le giunture della pellicola pressate sotto il peso di una produzione dannatamente eccessiva. Forse non è un caso che Branagh insista spesso e volentieri sui dettagli del leggendario battello Karnak, ripreso sulle acque del Nilo quasi come fosse il Titanic durante la sua traversata oceanica. È tutto goffamente gigante, quasi come si trattasse di una materia difficile da plasmare e governare.

Non c’è nulla di imprevisto, nulla di sincero o emotivamente appassionante. Tutto è freddo e calcolato nel film, proprio come è freddo e calcolato il Poirot di Branagh e, con il senno del poi, il successo dell’operazione. Sembrano essere queste le regole per il delitto, pardon, il film (im)perfetto.


 

Assassinio sul Nilo
USA, 2022, 127'
Titolo originale:
Death on the Nile
Regia:
Kenneth Branagh
Sceneggiatura:
Michael Green
Fotografia:
Haris Zambarloukos
Montaggio:
Úna Ní Dhonghaíle
Musica:
Patrick Doyle
Cast:
Kenneth Branagh, Gal Gadot, Armie Hammer, Rose Leslie, Annette Bening, Emma Mackey, Letitia Michelle Wright, Sophie Okonedo, Tom Bateman, Adam Garcia, Dawn French, Rick Warden, Ali Fazal, Jennifer Saunders, Russell Brand
Produzione:
20th Century Studios
Distribuzione:
20th Century Studios

La vacanza in Egitto dell’investigatore belga Hercule Poirot a bordo di un elegante battello a vapore si trasforma in una terrificante ricerca di un assassino quando l’idilliaca luna di miele di una coppia perfetta viene tragicamente interrotta. Ambientata in uno scenario epico, caratterizzato da ampi panorami desertici e dalle maestose piramidi di Giza, questa drammatica storia di un amore finito male presenta un gruppo cosmopolita di viaggiatori dal look impeccabile, con colpi di scena che lasceranno il pubblico con il fiato sospeso fino alla scioccante rivelazione finale.

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